L’attuale situazione storica vede conflitti e criticità in aree geopolitiche che hanno un interesse diretto o indiretto per il nostro Paese, e che possono sicuramente creare delle minacce alla sicurezza energetica dell’Italia.
Prima la guerra civile in Siria, a cui non si è dato molto peso da parte delle potenze occidentali, ma che ha avuto effetti lenti ma deflagranti nelle aree limitrofe con lo sviluppo dello Stato islamico in molte aree del Medio Oriente, quindi la crisi Russo-ucraina, con una diretta minaccia di interruzione del flusso di gas verso l’Europa e quindi l’Italia, ed ora l’esplosione della guerra civile in Libia, anche questa probabilmente sottovalutata e considerata dall’inizio solo come area a conflitto limitato, stanno minacciando le forniture di petrolio e gas verso il nostro Paese.
Come può reagire il nostro Paese di fronte a potenziali interruzioni di forniture energetiche?
La domanda non è semplice, ma proviamo a fare un po’ chiarezza, nei limiti del possibile anche perché le strategie energetiche, che anni fa erano quasi immutabili, ora invece evolvono rapidamente con scenari che possono modificarsi solo in pochi mesi.
L’Italia ha una fortissima dipendenza dall’estero con oltre l’80% di importazioni energetiche, con costi che nel 2013 sono stati di circa 62 miliardi di euro, ma nel 2014 si sono significativamente ridotti sia per la crisi economica, determinando minori richieste di prodotti energetici, sia per il calo del prezzo del petrolio.
Solo per dare un dato, ma significativo, il miglioramento della bilancia dei pagamenti italiana nel periodo da gennaio a novembre 2014 (ultimo dato disponibile) relativo alla bolletta energetica, e determinato dai due fattori che abbiamo indicato sopra, ha comportato una riduzione del deficit dei prodotti energetici per 9,7 miliardi di euro. Quindi il Paese ha già risparmiato circa 10 miliardi di euro, dato che equivale ad una manovrina economica e che potrebbe salire fino a 20 miliardi nel 2015.
Il gas è una fonte importante del mix energetico nazionale, e lo scorso anno ne sono stati consumati circa 62 miliardi di metri cubi, di cui il 90% di importazione, in diminuzione dall’anno precedente del 12%, e comunque siamo il terzo Paese europeo per consumi.
Fatta questa premessa, entriamo nel dettaglio della problematica libica e di come si possa reagire.
La Libia è stata per decenni un importante fornitore energetico per l’Italia (era il primo fornitore di petrolio ed il terzo di gas), ed è anche collegata direttamente con l’Italia con il gasdotto Greenstream, che parte dalla costa occidentale libica ed approda a Gela in Sicilia.
Ora la situazione è molto cambiata. Le forniture di petrolio, già calate drammaticamente negli ultimi anni, si sono ancora ridotte nel 2014 a causa degli scontri nella zona est del paese dove sono situate le principali raffinerie. Ora solo l’8% circa delle importazioni italiane di petrolio ha origine libica, ed in caso di interruzioni delle forniture queste sono facilmente sostituibili da importazioni da altri paesi: dalla Russia, al Kazakistan, al Canada ed all’Angola, solo per dare alcune indicazioni.
Sul fronte del gas, invece, la situazione è più complessa sia perché questa materia prima ha meno alternative a livello di fonti sia perché la Libia é stata un fornitore, nonostante tutto, affidabile ed in crescita nel 2014, a prescindere dalla crisi sistemica del paese, e quindi il 12% circa delle importazioni italiane di gas sono di provenienza libica con 6,5 miliardi di metri cubi. Non si tratta di un grande quantitativo, ma la situazione potrebbe diventare complicata se si sommasse ad altre situazioni di crisi.
Se per ipotesi si dovesse interrompere il flusso di gas dalla Libia, essendo vicini alla fine del periodo invernale, non vi sarebbero problematiche maggiori: si potrebbe far ricorso al gas russo, forse nord europeo (in funzione della loro disponibilità non sempre evidente), ed a quello algerino, ovviamente a prezzi di mercato che potrebbero aumentare.
Abbiamo anche la possibilità di rifornirci di Gas naturale liquefatto (Gnl), come detto sopra a prezzi più cari perché si dirige generalmente verso l’Asia, ed in Giappone in primis, con costi superiori al gas naturale. L’Italia è dotata di tre rigassificatori, oggi poco utilizzati, ma sono disponibili per alimentare la rete.
Da non sottovalutare, infine, la struttura degli stoccaggi gas, per cui l’Italia è considerata a livello europeo un «caso di buona pratica», con stoccaggi commerciali piuttosto capienti (circa 12 miliardi di metri cubi) ed una riserva strategica di circa 4,6 miliardi di metri cubi. Ora gli stoccaggi commerciali sono pieni per circa il 30% essendo quasi a fine stagione, e dovranno essere riempiti durante l’estate per far fronte al prossimo inverno. Insomma, in questo caso l’esperienza del passato ha permesso di creare una struttura di protezione quasi unica a livello europeo.
Detto ciò si può rispondere alla domanda di base: la Libia non risulta essere, attualmente, una minaccia per la nostra sicurezza energetica.
La situazione potrebbe però complicarsi se, come detto sopra, questa crisi si andasse ad aggiungere ad un’altra crisi con più ampio impatto per le forniture di gas italiano: ci riferiamo a quella russo-ucraina. E’ bene ricordare che circa il 45% della domanda di gas italiano viene soddisfatta grazie alle importazioni dalla Russia, a conferma della strategicità di questo paese per l’Italia, e transita tutto per l’Ucraina. Almeno finché saranno in essere i contratti di fornitura.