Il governo riduce le risorse per la Sanità e si attribuisce poteri che contrastano con il dettato costituzionale. Lo ha sostenuto la Corte dei conti in una memoria sulla revisione del Piano Nazione di Ripresa e Resilienza (Pnrr) e del Piano Nazionale complementare (Pnc) depositata alla Commissione bilancio della Camera. Così i magistrati contabili hanno esercitato la loro funzione giurisdizionale di verifica e controllo indipendente dell’attendibilità degli annunci fatti dal governo Meloni quando ha presentato il decreto legge sul Pnrr. Il risultato è stato quello di un’analisi dettagliata che smonta, punto per punto, l’enfasi della narrazione auto-incensatoria della maggioranza e permette di valutare il decreto, attualmente in discussione alla Camera, in modo più realistico.

LA CORTE DEI CONTI ha cercato di fare luce su un complesso problema contabile che ha diviso in queste settimane le regioni e il governo sulla sanità. Di fatto, si legge nella memoria di 52 pagine, le risorse per gli investimenti in questo settore sono ridotte e la revisione del Pnrr inciderà sui programma di investimento regionali già avviati. La Corte ha messo l’accento sul programma «Verso un ospedale sicuro e sostenibile». È stato già finanziato con il Piano Nazionale complementare (Pnc) con 1,2 miliardi di euro.E’ vero, come ha detto il ministro addetto al Pnrr Raffaele Fitto, che i soldi ci sarebbero: «Al 31 dicembre 2023 le risorse non ancora utilizzate attribuite all’articolo 20 sono pari a 9,9 miliardi e che esse sono state ripartite tra le regioni» sostiene la Corte. Ma, aggiunge, «il loro utilizzo effettivo è subordinato alla indicazione in bilancio di importi spendibili compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica». Le risorse «non sono già scontate nel tendenziale e quindi richiederanno apposita copertura».

QUESTA SITUAZIONE porterà a «un allungamento dei tempi che dovrebbe essere valutato alla luce dello stato di attuazione dei progetti attivati e che potrebbero registrare fabbisogni difficilmente rinviabili». Andrebbe inoltre previsto l’aumento dei costi, dovuti all’incremento dei prezzi causato dall’inflazione. Una delle ragioni addotte dal governo per farsi approvare da Bruxelles la robusta revisione del Pnrr.

LA CORTE DEI CONTI ha criticato i «poteri ispettivi» sulla pubblica amministrazione e sugli enti locali attribuiti alla Struttura istituita a palazzo Chigi. Non solo ledono l’autonomia degli enti locali, ma non sono coerenti con i compiti «di mero coordinamento» che dovrebbe avere la suddetta struttura. Non solo. Per la Corte è velleitaria anche l’idea di istituire nelle prefetture «strutture organizzative a geometria variabile» per «favorire le sinergie tra le diverse amministrazioni». A queste strutture sarà chiesto uno sforzo organizzativo superiore alle loro capacità a causa del «diffuso sottodimensionamento degli organici della carriera prefettizia».

QUESTE OSSERVAZIONI puntuali della Corte dei Conti permettono di comprendere anche un altro problema politico emerso dal Pnrr. Il progressivo accentramento dei poteri nel governo, e la creazione di poteri commissariali con i quali l’esecutivo ritiene di rendere «efficiente» la spesa del Pnrr. Il risultato è che rischia di fare pagare ai cittadini la propria incapacità di gestire il Sacro Graal dell’economia italiana. Il Pnrr è un piano elefantiaco soggetto a condizioni e tempistiche che difficilmente possono essere rispettate. Tra l’altro va ricordato che tra questi poteri commissariali rientrano anche quelli di sanzione. Si tratta di una specie di austerità applicata dal governo sugli enti locali: se non saranno in grado di spendere i soldi del Pnrr, il governo li riprenderà anche sottraendoli ad altri fondi.

DISCUSSA anche l’idea di fornire «massimo sette esperti o consulenti scelti anche tra soggetti estranei alla pubblica amministrazione» ai «commissari straordinari», questi ultimi nominati tra l’altro per gestire il caso degli alloggi per gli studenti universitari che saranno poi cogestiti dai privati. «Suscita perplessità – scrive la Corte dei Conti – perché consentirebbe di avvalersi di personale privo di requisiti meritocratici di comprovata specializzazione». Gli esperti non bastano mai. Ne sono già stati assunti «mille». Il rischio è creare «un ingorgo di moduli organizzativi differentemente strutturati». Il piano che dovrebbe riformare, rendere «trasparente» il paese può arrivare a produrre l’opposto: lacci, lacciuoli, e burocrazia. È il contrappasso dei neoliberali