Mentre gli astronauti sulla Stazione spaziale internazionale rinviano di settimana in settimana il rientro sulla Terra a causa dei guasti della navetta Boeing Starliner che dovrebbe riportarli a casa, la missione lunare cinese Chang’e 6 iniziata il 3 maggio si è conclusa senza il minimo imprevisto. Alle 14 del 25 giugno è rientrata sulla Terra la capsula con due chili di roccia lunare prelevati sul lato lontano del nostro satellite da una sonda munita di un piccolo robot escavatore.

I ricercatori dell’agenzia spaziale cinese saranno i primi a vedere con i propri occhi il suolo di quell’emisfero lunare. Come insegnano a scuola, la Luna ci mostra sempre la stessa faccia che, grazie ai telescopi e alle missioni Apollo, conosciamo ormai con un certo dettaglio. Sulla faccia opposta invece abbiamo molte meno informazioni. Non ci abbiamo mai inviato astronauti perché sarebbe troppo complicato mantenere la comunicazione. Finora, è stata osservata solo dagli oblò delle navicelle o dalle fotografie scattate dalle sonde.

È così che ci siamo accordi delle nette differenze tra i due emisferi. Quello rivolto verso di noi è coperto da grandi pianure basaltiche create dall’attività vulcanica che un tempo deve aver animato la Luna. Il lato opposto invece è coperto da crateri che hanno a lungo interrogato gli scienziati. A prima vista, sembra che la faccia più lontana della Luna sia stata oggetto di una pioggia di meteoriti che ha risparmiato quella più vicina. La Terra tuttavia è troppo piccola per formare uno scudo così ampio. Oggi si ritiene invece che gli impatti siano avvenuti su entrambi i lati con pari intensità.

Le ipotesi per spiegare perché la Luna abbia ospitato attività vulcanica solo su un lato sono il minore spessore della crosta rocciosa sull’emisfero a noi vicino, che avrebbe facilitato le eruzioni vulcaniche a seguito delle collisioni, e la diversa composizione chimica del manto profondo, un effetto dell’enorme meteorite che creò il gigantesco Bacino Polo Sud-Aitken di 2500 chilometri di diametro, uno dei crateri d’impatto più estesi di tutto il Sistema Solare. Proprio il Bacino è stato scelto dall’agenzia spaziale cinese per l’allunaggio di Chang’e 6.

Le analisi sul materiale riportato da Chang’e 6 potranno aiutarci a capire la ragione di questa asimmetria. Non se ne occuperanno solo gli scienziati cinesi ma la geopolitica ci metterà lo zampino. Dopo la precedente missione Chang’e 5, che riportò sulla Terra frammenti del lato visibile della Luna, i campioni furono messi a disposizione di altre nazioni, Stati Uniti inclusi, nonostante la Nasa invece vieti ai ricercatori cinesi di studiare i frammenti lunari prelevati dalle missioni Apollo a causa della «legge Wolf» sulle collaborazioni aerospaziali sino-americane. Stavolta la Cina vuole rendere pan per focaccia dopo il deteriorarsi delle relazioni tra i due paesi. «Se gli Usa vogliono davvero iniziare a cooperare devono rimuovere l’ostacolo» ha detto Bian Zhigang, vice direttore dell’agenzia spaziale di Pechino.