Nella giornata di ieri un nuovo scontro a fuoco tra l’esercito indiano e miliziani separatisti ha interessato il distretto di Pulwama, nello stato indiano di Jammu e Kashmir. I media indiani hanno confermato la morte di almeno quattro soldati, tra cui un maggiore, e due miliziani (più altre tre persone, mentre le forze dell’ordine stanno ancora assediando un piccolo centro abitato nei pressi di Pinglena, Kashmir meridionale, dove secondo le autorità si starebbero nascondendo diversi separatisti armati.

L’OFFENSIVA MILITARE INDIANA in Kashmir si è intensificata in seguito a un attentato che solo pochi giorni fa aveva colpito un convoglio dell’esercito nel medesimo distretto di Pulwama, lasciando sul campo quarantuno morti e decine di feriti.

L’attentatore si chiamava Adhir Ahmad Dar, aveva vent’anni e da qualche mese aveva lasciato il proprio villaggio per aderire alla lotta armata di Jaish-e-Mohammad, cellula terroristica islamica pachistana pro annessione del Kashmir indiano a Islamabad.

L’attentato suicida di giovedì scorso, a stretto giro rivendicato da Jaish-e-Mohammed, è tra i più sanguinosi degli ultimi decenni e ha innescato un effetto domino capace di influenzare sia la flebile stabilità interna del Kashmir indiano, sia i rapporti tradizionalmente turbolenti sull’asse New Delhi – Islamabad. Il governo indiano ha reintrodotto il coprifuoco in tutto il Kashmir, accusando il Pakistan di condurre una guerra in territorio indiano utilizzando, supportando e proteggendo cellule terroristiche islamiche attive a cavallo del confine indo-pachistano.

Emblematica, in questo senso, è la vicenda di Maulana Masood Azhar, indicato come il probabile ideatore dell’attentato di Pulwama: già in carcere in India, è stato rilasciato nel 1999 come contropartita per ottenere la liberazione di oltre 150 passeggeri di un volo Indian Airlines preso in ostaggio da un commando di talebani in Afghanistan; da allora, Azhar vive in libertà nel Punjab pachistano, dove coordina le attività di Jaish-e-Mohammed, gruppo che figura tra le organizzazioni terroristiche «riconosciute» dall’Onu. Il governo indiano ha inoltre ritirato lo status di most favoured nation al Pakistan, declassandola a livello commerciale, e minacciato sanzioni economiche contro Islamabad.

Nella giornata di ieri il Pakistan ha richiamato il proprio ambasciatore in India per «consultazioni» con i vertici degli esteri pachistani, accusando New Delhi di buttare su Islamabad la responsabilità dell’instabilità interna nel «Kashmir occupato» indiano. In un comunicato, la segretaria degli esteri pachistana Tehmina Janjua ha parlato di «solito copione indiano di dar la colpa al Pakistan immediatamente, senza indagini preliminari». Con l’avvicinarsi delle elezioni nazionali indiane, previste per la prossima primavera, il deteriorarsi dei rapporti indo-pachistane ha galvanizzato ultranazionalisti hindu in diverse regioni del subcontinente. Secondo un comunicato di Amnesty International India, gruppi di kashmiri sono finiti nel mirino di diverse sigle ultranazionaliste indiane, fatti oggetto di minacce, pestaggi e intimidazioni.

DECINE DI STUDENTI KASHMIRI sono scappati dai campus universitari di diverse località dell’India settentrionale – tra cui la capitale dell’Uttarakhand, Deradhun – per mettersi in salvo dalle minacce di gruppi studenteschi affiliati all’ultradestra hindu (in particolare l’ala giovanile della Vishwa Hindu Parishad, il Bajrang Dal). Allo sciovinismo dell’ultradestra hindu ha risposto in questi giorni una catena di solidarietà su Facebook, con centinaia di indiani che hanno offerto sostegno e protezione nelle loro case a kashmiri minacciati. Domenica 17 febbraio, durante un comizio, Il presidente del Bharatiya Janata Party (Bjp) Amit Shah ha dichiarato: «Il Bjp sradicherà completamente il terrorismo. La volontà di porre fine al terrorismo di Narendra Modi è tra le più alte dei leader globali». Tre anni fa, all’indomani di un attentato terroristico alla base militare di Uri, nel Kashmir indiano, il governo Modi rispose con cosiddetti «attacchi chirurgici» oltreconfine, portando i rapporti tra India e Pakistan ai minimi.