Ora che è ufficiale la svendita di Ita airways ai tedeschi di Lufthansa, grazie ai pesanti «rimedi» imposti dalla commissione Ue, il ministro Giorgetti si fa bello con lo slogan preferito dai liberisti: «Dopo quaranta anni mettiamo fine agli aiuti di stato per la compagnia aerea, questa operazione è un successo per questo governo».

PECCATO CHE SIANO PROPRIO i numeri a certificare il contrario. Lo stato italiano ha investito per la nascita di Ita airways 1,35 miliardi – più vari prestiti ponte per un altro miliardo – mentre ieri l’accordo con Lufthansa stima il valore della compagnia a soli 792 milioni con una perdita secca di ben 558 milioni in soli tre anni. I tedeschi infatti sborseranno soli 325 milioni per il 41% di Ita che diverrà una loro compagnia regionale in gran parte fatta per riempire i lucrosi voli intercontinentali dagli hub della Germania, ovviando alla mancanza del colosso di Colonia nel terzo mercato mondiale del turismo.

Un’operazione contraria al sovranismo professato da Giorgia Meloni e da tanti esponenti di Fratelli d’Italia che difatti ieri non hanno per niente commentato quello che per Giorgetti è uno «storico accordo» che dopo 77 anni priverà l’Italia di una compagnia di bandiera, visto che il ministro leghista ha confermato come «la partecipazione dello stato» rimarrà solo «inizialmente» e sarà presto azzerata, dando il via al piano di privatizzazioni da 20 miliardi che avrà come prossima tappa Montepaschi.

L’alternativa alla svendita ai tedeschi era possibile ed era stata perfino facilitata dal blocco subito dal sistema aereo negli anni del Covid: nel 2021 con tutti i giganti dei cieli (compresa Lufthansa) a terra, un investimento convinto in Ita avrebbe creato una compagnia forte che nell’«anno zero» del mercato post pandemia poteva accaparrarsi una buona fetta di mercato (e slot) per diventare un attore continentale importante. Nessun governo ha avuto il coraggio di perseguire questa strada e Ita è decollata come nano compagnia (solo 50 aerei), scaricando sui lavoratori l’azzardo finanziario grazie alla gestione da padrone delle ferriere di quel Alfredo Altavilla chiamato da Draghi di certo non per conoscenze del settore.

GIORGETTI HA ACCOLTO con tutti gli onori al Mef l’amministratore delegato di Lufthansa Carstern Spohr che già parlava da padrone, nonostante abbia dovuto digerire i tempi lunghi della trattativa con Bruxelles e le cessioni di slot su Linate – 192 slot settimanali nella stagione invernale e 204 in quella estiva (pari a circa 15 coppie di slot giornaliere, ovvero 30 voli tra andata e ritorno) – e la concorrenza sui (pochi) voli diretti dall’Italia all’America del nord, imposti dall’inossidabile madrina del mercato Margrethe Vestager: «Il prossimo ceo di Ita Airways sarà qualcuno che capisce Lufthansa, il settore dell’aviazione e l’Italia, perché l’integrazione tra le due compagnie dovrà essere anche culturale. E questo dipende dalle persone, servono le spalle larghe», con Joerg Eberhart, l’ex numero uno di Air Dolomiti e oggi capo delle Strategie di Lufthansa, che scalda i motori da più di un anno.

I TEDESCHI SI SONO CAUTELATI anche rispetto al grande punto interrogativo sulle migliaia di cause di lavoro degli ex dipendenti Alitalia: Lufthansa ha imposto che, superato un certo livello di reintegri, avrà uno sconto sul prossimo aumento di capitale con cui si papperà la totalità di Ita.

La faccenda però nelle ultime settimane si è fatta più complessa. Come anticipato da il manifesto il 19 giugno, proprio il «decreto interpretativo» Alitalia – da cui Ita ha avuto tutti gli aerei e gli slot a un solo euro, grazie alla compiacenza dei commissari e alla perizia Fiori – con cui Giorgetti ha cercato di evitare le cause dei lavoratori e lavoratrici Alitalia non riassunti da Ita, nonostante la palese continuità aziendale, arriverà alla Corte Costituzionale, con il giudice a quo del tribunale di Roma Tiziana Orru che ha dato giudizi durissimi sulla ratio della norma «in realtà preordinata a condizionare l’esito dei giudizi ancora in corso».

Ita Airways ha iniziato le sue attività il 15 ottobre 2021 e attualmente conta circa 4.860 dipendenti. Ci sono ancora 5 mila lavoratori ex Alitalia per strada. Il costo sociale dell’operazione è questo.