Dopo cinque anni e mezzo a capo del Dup, il partito di maggioranza relativa in Irlanda del Nord e punto di riferimento della parte meno progressista della comunità unionista, Arlene Foster ha annunciato l’intenzione di dimettersi dalla segreteria e di farlo ufficialmente il prossimo 28 maggio. Alla decisione seguirà poi la sua decadenza quale primo ministro del governo misto, che avrà invece effetto a partire dalla fine di giugno. Non è chiaro se allora si andrà a elezioni anticipate o se si proseguirà fino al maggio del 2022, quando scadrà il mandato attuale dei deputati nordirlandesi.

La scelta obbligata delle dimissioni segue una rivolta interna al partito con quasi l’80% dei deputati di Stormont (il parlamento di Belfast) e di Westminster, che ne hanno chiesto con forza l’avvicendamento, in un clima di recente sempre più arroventato. Foster viene ritenuta colpevole di aver ingarbugliato e a tratti diluito le storiche posizioni oltranziste del partito, mettendo in campo una politica a dir poco contraddittoria sulle questioni più calde del momento.

Prima tra tutte quella del protocollo nordirlandese, che sposta de facto il confine tra Irlanda e Regno Unito al largo sul mare. Il protocollo, disegnato dal governo Johnson in accordo con l’Europa, fu allora sottoscritto anche dal Dup, salvo poi esser messo in discussione dalla Foster stessa. Alla base del partito, il compromesso suonava infatti come una concessione foriera di stravolgimenti costituzionali epocali: non ultimo il riavvicinamento, per ovvi motivi economici, delle due Irlande, con la prospettiva, peraltro neanche troppo incombente, di una possibile riunificazione.

Quella di Arlene Foster è una parabola politica travagliata sin dai tempi del referendum sulla Brexit. Strenua sostenitrice dell’opzione di abbandonare la Ue, aveva poi dovuto scontrarsi con il dato di fatto che la maggioranza della popolazione del Nord avesse votato per il remain. Era poi sopravvissuta, lo stesso anno, allo scandalo cash-for-ash, in cui enormi somme di denaro pubblico erano finite nelle tasche di agricoltori e imprese, sotto forma di spropositati rimborsi per un presunto programma di energia verde.

Infine, negli ultimi tempi, stando a fonti non ufficiali, Foster avrebbe mostrato persino qualche tentennamento, mal digerito dagli apparati duri e puri del partito, nella storica difesa di posizioni bigotte in tema di aborto, diritti della comunità lgbt, o per quel che riguarda l’uso dell’irlandese come lingua ufficiale. Di fatto, i sondaggi davano il suo Dup in crollo da troppo tempo, con una comunità unionista la cui percezione è di essere sempre più assediata e di conseguenza mal rappresentata dai vertici del partito.

Foster ha tuttavia incassato la stima di esponenti importanti dell’establishment del governo della Repubblica irlandese, e persino quella dei suoi oppositori politici del Nord. Viene generalmente considerata un capro espiatorio per gli errori strategici e le palesi incoerenze del partito negli ultimi tempi. Persino il presidente irlandese Michael D. Higgins l’ha ringraziata per il suo impegno pubblico, augurandole prontamente, salute e felicità per gli anni futuri.