Del diritto internazionale, si sa, gli Stati uniti hanno fatto sempre ciò che hanno voluto. Ma lo sgombero dell’ambasciata del Venezuela a Washington risulta comunque un atto clamoroso: una flagrante violazione della Convenzione di Vienna, che vieta a una nazione ospitante, anche in caso di guerra, di invadere il territorio sovrano dell’ambasciata di un altro paese.

UN’AZIONE, per di più, che segna un pericoloso precedente, come ha evidenziato Mara Verheyden-Hilliard, l’avvocata del gruppo di attivisti che, con l’autorizzazione del governo Maduro, proteggeva la sede diplomatica dal tentativo delle forze antichaviste di prenderne illegalmente possesso dopo la rottura delle relazioni diplomatiche tra Usa e Venezuela. «Il messaggio inviato – ha detto – è che nessuna ambasciata sarà più sicura».

Con uno spiegamento militare degno di un’operazione di guerra, le forze di sicurezza Usa hanno fatto irruzione nella sede diplomatica, arrestando i quattro militanti (David Paul, Kevin Zeese, Margaret Flowers e Adrienne Pine) rimasti a difenderla. «Una sorte di simulazione in 3D» dell’invasione statunitense in Venezuela, ha commentato l’analista internazionale Bruno Sgarzini.

SECONDO LA DENUNCIA del giornalista di Telesur Jorge Gestoso, agenti pesantemente armati hanno preso posizione nel seminterrato dell’ambasciata – dove non sono presenti telecamere di sorveglianza – per procedere agli arresti al riparo da sguardi indiscreti. E tutto ciò malgrado i quattro stessero tentando di negoziare un accordo pacifico con l’amministrazione Trump allo scopo di consegnare l’ambasciata a un paese terzo, come previsto dalla Convenzione di Vienna.

Da Caracas il ministro degli Esteri Jorge Arreaza fa sapere che reagirà nel quadro del diritto internazionale in base al principio di reciprocità. E che l’Onu «si pronunci il prima possibile» su questa «azione brutale» lo chiede lo stesso presidente Maduro, sollecitando il rispetto dei diritti umani dei quattro arrestati.

L’AGGRESSIONE USA, peraltro, avviene proprio nel momento in cui la notizia di contatti preliminari in corso a Oslo tra il governo e l’opposizione accende un piccolo barlume di speranza rispetto a una soluzione pacifica del conflitto. Benché, come ha informato il ministero degli Esteri norvegese, i colloqui si trovino appena «in una fase esplorativa» – le parti si sarebbero per ora incontrate separatamente con i mediatori norvegesi – si tratta comunque di un’apertura al dialogo finora impensabile .

GIÀ MERCOLEDÌ, del resto, Maduro aveva annunciato che il ministro della Comunicazione Jorge Rodríguez si trovava fuori dal paese per «una importantissima missione all’estero», in compagnia, è stato poi reso noto, del governatore di Miranda Hector Rodríguez. A rappresentare l’opposizione a Oslo sono stati scelti l’ex deputato Gerardo Blyde, l’ex ministro Fernando Martínez Mottola e il secondo vicepresidente dell’Assemblea nazionale Stalin Gonzáles.