Colpiscono alcune parole dette da Giorgio Monetti, uno dei due motociclisti protagonisti di 1 mappa per 2 di Montanari e Caracciolo, in cui definisce il viaggio fondamentale nell’avergli insegnato a vivere da solo e a relazionarsi con la gente. Volto scavato e sorridente, capelli bianchi, parla del deserto come «ampiezza infinita e al contempo claustrofobica», e definisce le Ande, «paesaggi immensi da favola, in cui sparire – nel tutto e niente». Non a caso forse, nel finale del film dice di voler tornare, là, con la sua vecchia moto, per andare su e sempre più su. Viaggio pensato come esperienza da vivere, e non come spostamento anonimo da un luogo all’altro.

Che effetto le ha fatto, a distanza di tempo, veder realizzato il suo sogno?

Enorme piacere e soprattutto mi ha fatto capire che allora fu davvero un’impresa impossibile perché non avevamo niente. Oggi appare del tutto normale. All’epoca avevo 24 anni, mi ero appena laureato in legge, una passione per le auto ma soprattutto per la motocicletta. In più ero abituato a viaggiare in Europa, in autostop come si faceva allora, per andare a lavorare durante le vacanze in fabbrica in Germania o Norvegia. Tartarini lo sapeva, eravamo amici d’infanzia.

Dal film traspare il vostro forte legame, fondamentale per la riuscita dell’impresa…

Certo, ci è stato da sostegno continuo e reciproco, benché l’ottica con cui eravamo partiti era assolutamente diversa. Lui voleva realizzare questo giro del mondo per la Ducati, io invece avevo un idea più… radicale: non tornare più..

Chi ha fatto le riprese?

Ci siamo alternati, tra la cinepresa e la macchina fotografica. Tramite le ambasciate mandavamo le bobine alla Ducati, che le fece sviluppare e vedere. Alla fine le presi tutte io raggruppandole in un unico filmato. Purtroppo mancano le riprese delle Ande, perché arrivati a Buenos Aires una valigia di cartone in cui erano riposte le 5 bobine si è riempita d’acqua rovinando la pellicola. Abbiamo anche provato a farle sviluppare ma non c’era nulla da fare….

Al termine di quel viaggio e dopo il ritorno a Bologna, cosa è successo?

Sono stato assunto alla Ducati Meccanica, dapprima come impiegato, poi come direttore dell’esportazione e vice del reparto delle corse. Dopo quattro anni mi sono licenziato per mettermi in proprio, ho aperto una concessionaria Fiat, poi una di Lancia e infine Nissan.

La Ducati 175 esposta al cinema Odeon di Bologna dove finirà dopo?

Torna a casa mia. Era al Museo della Ducati, ma quando hanno venduto all’Audi me la sono ripresa per evitare che caschi in mani sbagliate. Anche Tartarini tiene la sua in garage…

Sarebbe bello vederla nel Museo del patrimonio industriale…

Non ci avevo pensato, è vero: lì starebbe bene. Se me lo chiedono, gliela regalo…