L’uomo al centro delle polemiche in queste giornate che precedono il voto di domenica 26 giugno in Spagna (26J) è il leader socialista del Psoe Pedro Sánchez. I motivi sono vari e legati tanto alla girandola di possibili alleanze capaci di scardinare il probabile schema blindato che uscirà dal voto, quanto allo storico «sorpasso» (in Spagna viene usata la parola italiana) da parte della neonata formazione Unidos Podemos (Izquierda Unida e Podemos) proprio nei confronti dei socialisti.

Ieri in un’intervista a Radio Onda Cero, Sánchez ha ribadito la posizione dei socialisti: «Non appoggeremo un governo del partito popolare e non appoggeremo Iglesias come capo del governo». Secondo Sánchez Pablo Iglesias non soddisferebbe – a suo parere – i due requisiti di base per poter stringere un patto di governo con i socialisti: «Non appoggeremo alcun governo che frammenti la sovranità della Spagna, né che metta a rischio la sostenibilità dello Stato sociale» ha detto Sánchez con un chiaro riferimento alle questioni «autonomiste» e in virtù del suo impegno a evitare il «sorpasso», cercando di convincere quegli elettori che a dicembre avevano scelto l’astensione (benché l’affluenza sia stata oltre il 71%). Il Psoe – che secondo i sondaggi che quasi ogni giorno i media spagnoli commissionano e pubblicano – è dato come terza forza del paese, è considerato un potenziale alleato un po’ da chiunque: dai popolari, da Iglesias e da Ciudadanos.

Il «pulito» Sánchez ha ribadito dunque la volontà più volte espressa di capire come agire una volta a conoscenza del risultato delle urne, ma proprio il suo soprannome (è stato lui stesso a definirsi così perché al di fuori degli scandali che hanno attraversato la politica spagnola) gli ha giocato un brutto scherzo. Un video divenuto virale in rete lo ha ripreso impegnato in una passeggiata elettorale mentre stringe la mano ad alcuni immigrati di colore e pochi metri dopo se le strofina come se volesse pulirle. Il «leggero» Sanchez (in questo caso il soprannome ha il copyright del Financial Times) si è difeso accusando «altre formazioni politiche» di avere strumentalizzato le immagini «per danneggiarmi e per attaccare il partito che rappresento». «Il mio impegno per la difesa dell’uguaglianza, della tolleranza e della diversità non può essere messo in discussione» ha ribadito Sánchez.

E dato che il riferimento non poteva essere a Podemos, che pure ha una «base» piuttosto scettica nei confronti del Psoe, per quanto invece Iglesias lo consideri un alleato per un eventuale governo (criticando chi in rete ha accusato di razzismo il leader socialista), Sánchez ha stuzzicato proprio Iglesias per aver espresso parole troppo caustiche sul comunismo. In una recente intervista Iglesias si è definito «un comunista in gioventù».

Sánchez ha colto la palla al balzo per ricordare la sua origine di sinistra a quegli elettori di Izquierda Unida che forse non sono completamente soddisfatti dell’alleanza con i viola «post ideologici» di Podemos. Sono le ultime cartucce da giocarsi. Al netto delle polemiche – infatti – il dato che emerge in questi giorni è la probabile mancanza di un vincitore netto. L’ipotesi più accreditata rischia di essere il ripresentarsi di un’altra situazione come quella che ha portato a nuove elezioni. Nei sondaggi il Pp è ancora il primo partito, seguito da Unidos Podemos, Psoe e Ciudadanos.

Nessuno può governare da solo e il sistema elettorale spagnolo, che divide il paese in 52 circoscrizioni e conseguente attribuzione di numero di deputati, fa il resto. Tutto è possibile nel gioco di future alleanze, per quanto alcune siano già state ampiamente bocciate. Rimangono due strade davvero percorribili, nonostante le recenti dichiarazioni di Sánchez: un governo di larghe intese tra popolari e socialisti, un governo con Unidos Podemos e socialisti. Più improbabile, almeno stando ai sondaggi e all’attribuzione dei seggi, una potenziale alleanza tra Ciudadanos e socialisti o tra Ciudadanos e popolari (di cui il leader Albert Rivera chiede un cambio alla guida).

Fondamentale sarà il voto dei giovani tra 18 e 34 anni che, stando a un’indagine di Metroscopia pubblicata da El Pais, votano per lo più a sinistra e per Unidos Podemos. Potrebbe arrivare da lì, dall’attivazione di chi magari a dicembre non ha votato, i voti capaci di fare la differenza. Altro dato interessante: i giovani del campione si sono espressi tutti a maggioranza per un sistema multipartitico, anche se questa circostanza finisce per creare una difficoltà nella formazione del governo.

Un sintomo che forse una legge elettorale basata sull’alternanza tra due soli partiti, come storicamente accadeva in Spagna, ha ormai fatto il suo tempo. E proprio per questo il risultato dei deputati garantiti da ciascuna circoscrizione si giocherà all’ultimo voto: già alle scorse elezioni di dicembre alcuni sono hanno ottenuto lo scranno alla Camera (350 deputati) per una manciata di voti. Per questo Unidos Podemos ha organizzato una campagna «porta a porta» che oggi sta mettendo i brividi alla stampa conservatrice. Ieri Abc e La Razon hanno scritto che «una distribuzione dei seggi che consenta l’arrivo al potere di Podemos disegnerebbe un futuro non più allegro per il nostro paese. Nelle istituzioni comunitarie l’arrivo al potere del populismo preoccupa quanto e forse più della Brexit».