«La rinascita delle socialdemocrazie in Europa inizia dalla Spagna». Lo dice in perfetto italiano e con un raggiante sorriso di soddisfazione Cristina Narbona, presidente del Psoe che domenica scorsa si è laureata senatrice più votata di tutto il paese. «Uguaglianza, democrazia, costituzione» sono le parole chiave del discorso di Narbona, che abbiamo incontrato nella sede del Psoe all’indomani di un voto molto sentito che assegna 123 seggi ai socialisti, 42 a Podemos e riscuote il paese dall’incubo di un possibile tripartito di destra con la presenza dei neofranchisti di Vox, entrato comunque in parlamento con 24 seggi. «Le montagne si scalano poco alla volta: per ora abbiamo montato il campo base», ha dichiarato Vox alla chiusura dei seggi: ma alla cordata neofascista Narbona oppone europeismo e moderazione, valori incarnati, dice, «dai partiti socialdemocratici, il muro di contenzione più solido contro tutti gli estremisti».

Finita la festa nella sede socialista della madrilena calle Ferraz, lunedì era già giorno di calcoli, di strategie e di valutazioni per disegnare le geometrie che – ormai morto e sepolto il bipartitismo che aveva contraddistinto la storia politica della Spagna democratica fino alle elezioni del 2011- segneranno anche questa legislatura. Si tratta, a questo punto, di capire i possibili incastri: Ciudadanos (57 seggi, quasi il doppio rispetto al 2016) ha già chiuso la porta a una possibile intesa con il Psoe con l’obiettivo di prendere in mano le redini dell’opposizione dopo la débâcle del Pp (che ha perso più del 50% dei seggi); l’alleanza più logica (e auspicata dalla base socialista, sebbene non sufficiente a raggiungere i 176 seggi necessari alla maggioranza assoluta), sarebbe con Podemos, ma all’improvviso è spuntata la possibilità di un governo monocolore di minoranza. E i catalani? «Dialogheremo con tutti, ma di loro non abbiamo bisogno», assicura Narbona.

Una vittoria che va persino oltre le aspettative…

Certo, una vittoria importantissima per il Partito socialista, ma soprattutto una sconfitta chiara per la destra, una bocciatura sonora per un modello di società incompatibile con la democrazia e con chiunque creda in essa.

Prima di governare bisognerà però comporre il puzzle delle alleanze.

In questo momento tutte le opzioni sono sul tavolo. Noi siamo aperti a qualsiasi accordo e dialogheremo con tutti.

Anche con gli indipendentisti catalani?

Anche con loro, purché rinuncino all’idea di un referendum per l’indipendenza della Catalogna che è a priori fuori da qualsiasi trattativa e da qualsiasi discussione. È l’unica linea rossa, per il resto tutto è possibile.

Eppure il messaggio ecumenico che arriva dalla dirigenza non sembra condiviso dalla base, che ha salutato la vittoria al grido di «con Rivera no».

Come dicevo, noi non creiamo cordoni sanitari intorno a nessuno a condizione che si discuta all’interno della legalità e dalla costituzione. Vero è, d’altronde, che con Rivera sarà difficile fare patti e persino dialogare, perché lui stesso ha preso le distanze dal Psoe spostandosi sempre più a destra. Da Ciudadanos sono arrivati solo attacchi durante tutta la campagna elettorale; e persino a urne chiuse, con il solito discorso secondo cui – nonostante i numeri ci consentirebbero di governare senza l’appoggio dei nazionalisti – un governo socialista sarebbe una specie di cavallo di troia per le forze indipendentiste.

Intanto, un po’ a sorpresa, si è cominciata a ventilare l’ipotesi un governo di minoranza monocolore…

È una possibilità reale: i numeri ci permettono di prendere in considerazione l’eventualità di governare con appoggi puntuali esterni. Anzi, al momento il partito propende proprio per questa ipotesi. Del resto non sarebbe la prima volta che accade qui in Spagna: io stessa fui ministra con Zapatero in una situazione analoga.

Adesso che il pericolo sembra scampato, lo può dire: avete avuto paura di un trionfo del tripartito di destra?

C’è stata senza dubbio molta preoccupazione, soprattutto considerando il voto andaluso di pochi mesi fa, che ha mandato al governo regionale la destra estrema di Vox insieme ai popolari e a Ciudadanos. Temevamo che questa situazione si potesse ripetere su scala nazionale, ma per fortuna il rischio è stato scongiurato, o almeno arginato, dal voto.

La Spagna come esempio per gli altri paesi europei, come ha detto Pedro Sánchez.

Spagna e Portogallo sono in questo momento le avanguardie della riscossa della socialdemocrazia contro il populismo di destra. Sembrerebbe che i venti di cambiamento che possono spazzare via gli estremismi e aprire, a livello europeo, una nuova epoca di democrazia, stabilità e uguaglianza sociale soffino dall’Europa del Sud.

Adesso occhi puntati sulle amministrative, che si terranno contemporaneamente alle europee il prossimo 26 di maggio.

Certo, la campagna continua: dobbiamo consolidare la fiducia dei cittadini anche a livello regionale e comunale.