Cento anni dopo l’appello di Benedetto XV «ai capi dei popoli belligeranti» che combattevano la prima guerra mondiale a fermare «l’inutile strage», un nuovo grido di pace risuona tra le croci del cimitero americano di Nettuno con la voce di papa Francesco, che ieri, 2 novembre, vi si è recato in visita: «Non più la guerra. Non più questa strage inutile».

Il pontefice ricorda i morti delle guerre di ieri, troppo spesso mascherati da eroi dalla retorica patriottarda: «Oggi è un giorno di lacrime – dice il papa nell’omelia della messa al cimitero dove sono sepolti 7.861 militari statunitensi morti durante la seconda guerra mondiale, fra lo sbarco in Sicilia del 10 luglio 1943 e la battaglia di Anzio dei primi mesi del 1944 – Lacrime come quelle che sentivano e facevano le donne quando arrivava la posta: “Lei, signora, ha l’onore che suo marito è stato un eroe della Patria; che i suoi figli sono eroi della Patria”. Sono lacrime che oggi l’umanità non deve dimenticare».

Pensa anche alle guerre di oggi: «Non più la guerra. Dobbiamo dirlo oggi, che il mondo un’altra volta è in guerra e si prepara per andare più fortemente in guerra. «Non più, Signore. Non più. Con la guerra si perde tutto», la guerra è «la distruzione di noi stessi».

E denuncia la lezione della storia che «l’umanità non ha imparato» e «sembra che non voglia impararla». «Quando tante volte nella storia gli uomini pensano di fare una guerra – conclude -, sono convinti di portare un mondo nuovo, sono convinti di fare una “primavera”. E finisce in un inverno, brutto, crudele, con il regno del terrore e la morte. Oggi preghiamo per tutti i defunti, ma in modo speciale per questi giovani, in un momento in cui tanti muoiono nelle battaglie di ogni giorno di questa guerra a pezzetti», perché «questo è il frutto della guerra: la morte».

Nel tardo pomeriggio, seconda tappa di questo particolare pellegrinaggio sui luoghi della memoria e della violenza, alle Fosse Ardeatine, dove sono sepolte le 335 vittime della rappresaglia nazista delle Ss di Kappler dopo l’azione militare dei Gap a via Rasella il 23 marzo 1944.

Francesco sosta in una lunga preghiera silenziosa accanto alla lapide che ricorda i partigiani uccisi: «Fummo trucidati in questo luogo perché lottammo contro la tirannide interna, per la libertà e contro lo straniero, per l’indipendenza della Patria. Sognammo un’Italia libera, giusta, democratica. Il nostro sacrificio ed il nostro sangue ne siano la sementa ed il monito per le generazioni che verranno».

Depone un fiore sulle prime lapidi del sacrario, «luogo consacrato ai caduti per la libertà e la giustizia» dove dobbiamo «toglierci i calzari dell’egoismo e dell’indifferenza, come ricorda nelle parole pronunciate dopo la preghiera del rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni. E, prima di far ritorno in Vaticano, firma il Libro d’onore: «Questi sono i frutti della guerra: odio, morte, vendetta».