Ho cominciato a leggere il manifesto agli inizi degli anni ’90. In quel periodo a Palermo c’era un’aria di resistenza e io mi attaccavo a un certo tipo di informazione, su carta e televisiva: Samarcanda, Cuore, il manifesto, appunto. Leggevo quest’ultimo nei giorni delle stragi di mafia, e mi piaceva perché non era mai scontato e mostrava sempre il lato B delle cose. A me il lato B è sempre piaciuto. Ci vuole chi ti racconta il lato B. A me piace molto la fotografia, e la fotografia del manifesto era la cosa che amavo forse di più.
A quell’epoca era tutto forse più semplice. Il nemico era molto chiaro, a Palermo sapevamo bene chi combattere e dalla parte di chi stare. Qual era il lato A e quello B delle cose. Oggi invece è tutto più subdolo, si procede alla giornata e per emergenze e si fa fatica a capire in quale direzione si sta andando. È più difficile distinguere qual è la cosa giusta da fare.
Qual è il lato A e quale il lato B degli avvenimenti? Il manifesto, che nella sua storia ha sempre guardato le notizie dal loro rovescio, in questo momento ha l’obbligo di aiutarci ad avere le idee più chiare. Questo credo sia il suo compito principale, oggi. Anche fornendo gli strumenti per consentirci di pensarla in maniera opposta a lui, paradossalmente.

Perché questi sono i tempi e non c’è più un solo lato B che si nasconda con chiarezza. Per aiutarlo a far questo è inevitabile che ci abboniamo tutti.