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Il jazz che arriva dal freddo

Il jazz che arriva dal freddoGli Angles 9

Note sparse Che bello il sound dei nove artisti svedesi, gli Angles 9. Un album folgorante con pezzi tutti firmati dal sassofonista Martin Kuchen

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 5 aprile 2017

Sono in nove e vengono dalla Svezia. Ma niente a che fare con atmosfere brumose, languidezze simil-folk e lunghi silenzi. I nomi dicono poco se si esclude il trombettista Magnus Broo. Sezione ritmica con vibrafono e fiati. Niente di particolarmente azzardato insomma. Già con il precedente Injuries si erano fatti notare come una delle proposte più sorprendenti del nuovo jazz europeo. Con questa nuova incisione confermano e rilanciano. Non-jazz, anti-jazz, post-jazz? Quello che è certo è che suonano compatti come una falange spartana.

La ricetta è semplice: scansioni ritmiche implacabili, riff incalzanti, assoli avantgarde. Tutti pezzi a firma del sassofonista Martin Küchen a base di funk pesante e reminescenze afrobeat. Il finale Love, flee thy house (in Breslau) rimanda direttamente alla Liberation Music Orchestra di Charlie Haden collegandosi tematicamente al concept dell’album che è dedicato alle vittime delle incarcerazioni e delle torture. Meraviglia.

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