«Diamo asilo politico in Germania a Edward Snowden». A chiederlo è Jürgen Trittin, il capolista dei Verdi alle prossime elezioni. Un politico veterano, ministro nei governi di Gerhard Schröder, che in caso di vittoria delle sinistre a settembre diventerebbe vicecancelliere: insomma, non uno qualunque. E certo non un estremista.

La proposta di accogliere il ricercatissimo ex agente americano la dice lunga sul livello di indignazione che la vicenda dello scandalo dello spionaggio sta suscitando a Berlino. Non solo nelle opposizioni. Oltre al presidente della Repubblica Joachim Gauck, ieri anche il governo guidato dalla democristiana (Cdu) Angela Merkel ha reagito criticamente alla diffusione delle notizie da parte del settimanale der Spiegel. Secondo il portavoce ufficiale della cancelliera, Steffan Seibert, il comportamento dei servizi nordamericani è «inaccettabile»: «non siamo più nella guerra fredda», ha aggiunto. Di «fiducia perduta» ha parlato il ministro dell’economia e vicecancelliere, il liberale (Fdp) Philipp Rösler, che ha ventilato possibili conseguenze negative nel negoziato sul trattato di libero scambio Usa-Ue. A nessuno sfugge, infatti, come dietro il comportamento degli agenti Usa non ci sia la lotta al terrorismo, ma a qualcosa d’altro: alla possibile supremazia economica europea, e tedesca in particolare. A denunciarlo senza mezzi termini ieri è stato Hans Michelbach, dirigente della Csu, il partito-fratello della Cdu in Baviera: «se importanti progetti delle nostre imprese sono finiti abusivamente nelle mani di estranei, le conseguenze per le aziende coinvolte potrebbero essere fatali».

I toni delle reazioni del governo sono tuttavia ritenuti dai socialdemocratici troppo misurati. E quindi sospetti. Il candidato cancelliere della Spd, Peer Steinbrück, ha insinuato il dubbio che l’esecutivo sappia di più di quanto è disposto ad ammettere, e ha incalzato la cancelliera a chiedere con più forza spiegazioni non solo agli Usa, ma anche al Regno Unito. Anche i servizi britannici, infatti, hanno fatto la loro parte attraverso il programma Tempora, svelato dai documenti di Snowden negli scorsi giorni. Il segretario socialdemocratico, Sigmar Gabriel, non ha usato mezzi termini: «Merkel sapeva e ha tollerato».

Sulla stessa linea la Linke, che si chiede retoricamente a cosa serva il servizio segreto tedesco se – come dice la versione ufficiale – non aveva scoperto quanto stava succedendo: uno spionaggio talmente enorme da sembrare incredibile. Le dimensioni dell’operazione dei servizi americani, infatti, sono impressionanti. Secondo lo Spiegel si tratta di mezzo miliardo di comunicazioni (telefonate, mail o sms) al mese registrate per essere custodite a Fort Meade, il quartier generale della National Security Agency (Nsa) presso Washington.

Qualunque sia la verità sul ruolo del governo di Berlino, nell’opinione pubblica tedesca si registrano poche voci disposte a giustificare quanto accaduto. Fuori dal coro di critiche è lo storico Michael Stürmer, già consigliere di Helmut Kohl, che sul quotidiano ultra-conservatore Die Welt minimizza: «Non è gentile intercettare gli amici, o leggere le cose che avrebbero voluto tener per sé, ma succede, nella vita privata come in politica».
E i tedeschi hanno bisogno dei potenti mezzi degli americani per essere protetti dal terrorismo: venire spiati è la controindicazione di un’amara medicina che – pensa Stürmer – è necessario assumere per il bene supremo della sicurezza nazionale.