L’articolo di Giorgio Airaudo e Giulio Marcon “Un Fronte Pop” (martedì su manifesto e sbilanciamoci.info) si pone le domande giuste: come possiamo costruire in Italia una forza politica analoga a Syriza e Podemos?

Come può nascere una forza che riunifichi protesta sociale e azione politica con un’agenda di cambiamento? Sono domande non nuove, i tentativi di risposta in questi anni sono stati diversi e mai risolutivi – l’ultimo è stata la Lista “Un’altra Europa con Tsipras” alle elezioni europee, che ha avuto il merito di allargare l’orizzonte all’alternativa rappresentata da Syriza.

L’urgenza di una risposta risolutiva è accentuata oggi da tre novità.

La prima è la continua accelerazione del “renzismo”. In pochi giorni, ha introdotto nuovi decreti del Jobs Act che sono particolarmente punitivi per i lavoratori (e ha attaccato personalmente Maurizio Landini e la Fiom). Ha colpito i magistrati in un modo pesante. Ha affrontato la questione delle televisioni non per affrontare il conflitto d’interessi di Berlusconi, ma per rafforzare il potere di Mediaset con la cessione di Raiways. E sta per invadere la scuola con un nuovo decreto.

La seconda novità è nella reazione sociale che inizia a mostrarsi – dopo lo sciopero generale di Cgil e Uil – con il sindacato di Susanna Camusso che si prepara allo scontro frontale sul Jobs Act e la Fiom di Maurizio Landini che apre oggi l’assemblea dei delegati a Cervia con un’agenda di mobilitazioni sociali.

La terza novità è la tenuta del governo di Alexis Tsipras nel suo scontro con i poteri europei. Pur con un negoziato difficilissimo, con molte concessioni e destinato a durare a lungo, la Grecia di Syriza ha messo all’ordine del giorno il superamento dell’austerità in Europa. Ha aperto uno spazio politico anche per noi: la Commissione europea non a caso ha dato il via libera l’altroieri ai conti di Italia, Francia e altri paesi senza interferire ulteriormente. Ma questo spazio ha bisogno di sviluppi politici che cambino i rapporti di forza in tutti i paesi: con le prossime elezioni in Gran Bretagna, Irlanda, Spagna e con un allontanamento dei governi di Parigi e Roma dalle posizioni di Berlino: senza di questo, la stessa Grecia non potrà farcela.

Airaudo e Marcon scrivono che ci sono «segni di risveglio sociale, che tuttavia sono ancora frammentati, senza una cornice che trasformi le mobilitazioni in risposta politica». Anche noi pensiamo che la costruzione di una cornice politica e sociale forte, di una convergenza organizzativa, sia oggi essenziale. Le disponibilità e le iniziative di tanti, espresse in queste settimane, sono pezzi importanti, ma nessuno è risolutivo. Siamo chiamati a un “salto di scala”, a un nuovo modo di pensare l’azione collettiva, fuori dai perimetri che sono fin qui costruiti, nei partiti, nei sindacati e nei movimenti.

Il “Fronte Pop” proposto da Airaudo e Marcon è la proposta più inclusiva che sia emersa finora. Chiede a tutti un passo indietro e offre un balzo in avanti. Potrebbe far cessare l’entropia di iniziative che vanno in direzioni diverse, strumentalizzate dai giornali. Il nome non piacerà a chi ricorda la sconfitta del Fronte democratico popolare di socialisti e comunisti nel 1948. Ma è un nome che definisce una convergenza tra soggetti diversi – un Fronte, non un partito – e che ci richiama alle radici popolari che il nostro lavoro deve avere: mobilitazioni dal basso, auto-organizzazione sociale, difesa dei più deboli, dei precari, dei giovani, delle vittime della crisi. E’ solo così che potremo sottrarre consenso ai populismi contrapposti di Beppe Grillo e Matteo Salvini. Sono le cose che hanno fatto Syriza e Podemos.

I nomi possono cambiare, ma questa ci sembra la strada giusta. E le cinque campagne indicate da Airaudo e Marcon sono quelle essenziali: l’Europa da cambiare, il lavoro da difendere, l’ambiente da salvare, i diritti civili e il welfare da affermare, la pace da costruire. Con in più l’affermazione della legalità: un contrasto vero a mafie e corruzione. Le mille iniziative che già esistono su questi temi hanno bisogno di una cornice più forte, di “sfondare” nella politica, di cambiare le decisioni di Palazzo Chigi e di Bruxelles.

L’assemblea Fiom di questi giorni è un passaggio importante, a cui far seguire una fase costituente che definisca come realizzare questa convergenza politica e sociale. Il difficile, lo sappiamo già, è nei modi che tengano insieme tutti: la pratica di una nuova politica insieme alle mobilitazioni sociali e sindacali; le forme di organizzazione collettiva con le motivazioni e l’impegno delle persone che vogliono, finalmente, contare.

Proviamoci.