Il tono delle reazioni – di solidarietà a Maduro o di felicitazione alle destre – scandiscono i termini dell’appoggio internazionale.

Esultano, ovviamente, gli Stati uniti, intervenuti a gamba tesa nella campagna elettorale a più riprese. In piena campagna elettorale, dopo l’omicidio di un leader di opposizione, maturato all’interno delle mafie del lavoro di cui il deputato faceva parte, gli Usa hanno chiesto l’annullamento delle elezioni. Dopo i risultati, il segretario di Stato, John Kerry, si è congratulato con «il popolo del Venezuela che ha espresso in modo pacifico e democratico un indiscutibile desiderio di cambiamento».

Esultano i governi di destra del Latinoamerica, dal Messico alla Colombia, e quelli dei Caraibi gestiti da Washington, come la Guyana, che spera di sostituire il Venezuela col Messico nelle importazioni di riso. E in Argentina, Mauricio Macri, che ha festeggiato la sua vittoria insieme a Lilian Tintori (moglie del golpista venezuelano Leopoldo Lopez), ha detto che adesso non c’è più ragione di chiedere al Mercosur sanzioni contro il Venezuela. Sanzioni che il Brasile di Dilma Rousseff, sotto attacco per l’impeachment chiesto dalle destre, ha comunque respinto. E il 21 ci sarà la riunione dell’organismo regionale.

L’Onu ha salutato lo svolgimento «pacifico» delle legislative nel Mercosur. E anche Luis Almagro, Segretario dell’Organizzazione degli stati americani (Osa), che aveva capeggiato gli attacchi al Venezuela a nome delle «sinistre» socialdemocratiche europee e latinoamericane, si è felicitato per «l’eccellente tenuta» della democrazia venezuelana e della partecipazione.

Le numerose organizzazioni di osservatori internazionali hanno certificato la grande trasparenza e tenuta democratica del processo elettorale: lo stesso – fanno notare gli analisti – che ha laureato il chavismo (e molti deputati di opposizione) in questi 17 anni.

A differenza di quanto ha fatto ed era pronta a fare l’opposizione, il chavismo ha riconosciuto la sconfitta e non ha provocato morti e devastazioni. «Il Venezuela ha dato una lezione al mondo, rispettando come dev’essere la volontà del popolo sovrano», ha detto il capo della missione Unasur, Leonel Fernandez. Anche il gruppo di osservatori e tecnici delle destre ha salutato «l’alto senso civico» di Maduro.

Dai cinque continenti, intellettuali e organizzazioni popolari si stringono invece intorno alla rivoluzione bolivariana che la destra vuole cancellare, azzerando le nuove relazioni continentali.

Il Foro di San Paolo, presente a Caracas, ha rigettato «le strategie destabilizzanti e controrivoluzionarie delle destre contro i processi sovrani di trasformazione e cambio portati avanti dai governi di sinistra e progressisti in America latina e nei Caraibi». Tra loro, l’argentino Pablo Ferreiras, deputato del Frente Para la Victoria (Fpv) per la città di Buenos Aires, che ha accompagnato la folta delegazione argentina e ha poi conversato con il manifesto.

Oggi le Madres de la Plaza de Mayo, insieme ai movimenti popolari invitano a manifestare contro Macri, e domani la Campora, l’organizzazione giovanile che sostiene il kirchnerismo, accompagna la presidente al Parlamento dove cederà il posto a Macri: «Per dire forte e chiaro – dice il parlamentare – che non siamo disposti a veder cancellate tutte le conquiste sociali, e che ci opporremo al cambio di indirizzo negli orientamenti internazionali. I movimenti hanno dormito troppo fra i due guanciali, invece i governi di sinistra vanno accompagnati, stimolati dal basso e con proposte. La lotta non è solo parlamentare».

Per Ferreiras, per la maturità del suo processo politico «il Venezuela ha sempre mostrato con chiarezza la realtà dello scontro fra le classi, è stato e rimane il principale campo di battaglia fra la voce dei popoli e quella dell’imperialismo».

Dal golpe contro Chavez nel 2002, fino a oggi «il socialismo bolivariano ha dovuto difendere il processo di riscatto anticoloniale da ogni genere di aggressione imperialista, che si sono intensificati e dispiegati in queste ultime elezioni: fino a minare parte della soggettività popolare, che ha finito per esprimere un voto di castigo. E che ora, come in Argentina, si accorgerà di essere stata ingannata».

Dieci anni fa, «grazie a Chavez e a Fidel Castro, a Mar del Plata si è messo in moto un processo di rinascita continentale che ha spinto Nestor Kirchner a scegliere il campo antimperialista, che è progressivamente cresciuto. Oggi dobbiamo difendere questa frontiera di sovranità: dal Venezuela alla Bolivia, al Brasile». Con la realizzazione dell’accordo Transpacifico, «gli Stati uniti vogliono riprendersi l’ex cortile di casa. Ma anche questa volta, il Venezuela sarà la prima grande frontiera di lotta. In tutto il sud del mondo, la sinistra e le organizzazioni popolari ne sono consapevoli. Dall’Argentina al Venezuela, dobbiamo ricostruire un’alternativa di potere per i prossimi anni, facendo tesoro degli errori compiuti».