La retata scattata ieri mattina contro il gruppo dirigente di Alba Dorata si basa su un solido impianto accusatorio. La procuratrice della Corte Suprema (Areo Pago) Euterpe Goutzamani aveva ricevuto dal ministro dell’Ordine Pubblico Nikos Dendias un sostanzioso dossier con 34 seri casi (omicidi, tentati omicidi e lesioni gravi) di cui erano responsabili i militanti di Alba Dorata. Molti crimini risalivano al 2011 e all’anno scorso, ma né le procure territoriali né la polizia avevano mostrato alcun interesse a svolgere indagini.

Accanto ai faldoni del ministro, Goutzamani ha chiesto e ottenuto le intercettazioni effettuate dal servizio di sicurezza e ascoltato le testimonianze di ex militanti del gruppo nazista, già apparse (e questo è indicativo del clima) nei mezzi d’informazione. Pochissimi giorni dopo, ecco la retata contro il gruppo dirigente di Alba Dorata accusato, si direbbe in Italia, di «associazione mafiosa»: quindi né associazione sovversiva né banda armata ma di essere un gruppo di criminali comuni.
È una svolta. Dopo lunghe discussioni sull’opportunità o no di mettere fuori legge Alba Dorata, si è deciso di fare la cosa più ovvia: applicare la legge, distruggere il castello di omertà costruito attorno ai picchiatori nazisti. Il clima è cambiato solo dopo l’omicidio del popolare rapper KillahP, al secolo Pavlos Fyssas, la prima vittima di nazionalità greca. L’indignazione popolare ha svolto un ruolo importante, costringendo il premier Antonis Samaras a cambiare radicalmente atteggiamento verso il pericolo del nazismo emergente. Fino all’assassinio di Fyssas, e perfino dopo, la politica di Samaras e del suo partito, Nuova Democrazia, si rifaceva a una vecchia conoscenza dell’Italia del periodo dello stragismo: la teoria degli «opposti estremismi». Ci sono sì i fanatici nazisti, ma sarebbero altrettanto pericolosi i «manifestanti violenti» e i centri sociali vicini alla sinistra radicale Syriza. Quanto alla vistosa collaborazione tra poliziotti e le bande naziste nell’attaccare le manifestazioni di piazza, anche in questo caso si erano spolverate le vecchie tattiche squadriste degli anni Sessanta: non erano gruppi paramilitari fascisti ma «cittadini per l’ordine». Sembra incredibile, ma il tragico destino di Samaras è da molti anni di ritrovarsi circondato da stretti collaboratori tutti provenienti da formazioni ultranazionaliste o di estrema destra. Seguendo le loro indicazioni, il leader di Nuova Democrazia ha tentato aperture politiche verso «la parte più seria di Alba Dorata», ha cercato di arginare la sua espansione saccheggiandone le parole d’ordine, in particolare sull’immigrazione e, infine, nel rimpasto di giugno ha incluso al governo esponenti provenienti dall’estrema destra, come il ministro della Sanità Adonis Georgiadis.
Ora questa politica ne esce con le ossa rotte e insieme con lei tutto il «cerchio magico» di Samaras. Alla fine, perfino il premier ha dovuto riconoscere che l’agenda di Alba Dorata non è compatibile con il Parlamento e il sistema democratico e che nessuno, neanche lui, è fuori tiro. I nazisti lo dicono apertamente e lo intendono: vogliono una nuova guerra civile e su questa proposta sperano di compattare il nocciolo duro della destra ellenica, con la promessa che anche ora, come negli anni 1946- 1949, ne usciranno vincitori per godere del monopolio del potere per almeno un trentennio.
Dietro alla retata di ieri c’erano probabilmente anche considerazioni elettoralistiche. Le elezioni anticipate sono nell’aria e Nuova Democrazia spera nel recupero di un buon numero di elettori di Alba Dorata. Rischia però un nuovo boomerang. La rapidità con cui si è mossa la procura dell’Areo Pago e la solidità degli elementi accusatori indicano anche ai più distratti che l’unica cosa che aveva impedito finora la repressione dei delitti nazisti era la mancanza di volontà politica da parte del governo Samaras. Il risultato probabilmente sarà che per ogni elettore albadorato che torna all’ovile di Nuova Democrazia, ci saranno dieci che abbandonano il partito socialista Pasok, socio al governo e in profonda crisi di identità, verso Syriza.
Rimane una questione aperta. Come combattere il fascismo diffuso, quel 8% degli elettori che, malgrado tutto, continua, in base ai sondaggi, a insistere nel votare Alba Dorata? È evidente che, qualsiasi cosa ne pensi Silvio Berlusconi, non è possibile sradicare un movimento politico di tali dimensioni attraverso la via della repressione giudiziaria. Ma questa è una questione che va oltre gli angusti limiti della politica greca. Riguarda la rabbia per la feroce politica di recessione imposta dall’Europa, la crisi di legittimità democratica di Bruxelles, lo scippo della politica economica dai governi e dai Parlamenti da parte dei tecnocrati, veri garanti degli interessi finanziari. Sono questioni strategiche a cui va data una risposta al più presto, nel nome dell’economia e della democrazia reale. Altrimenti Alba Dorata potrà fare scuola in tutta Europa.

*Autore del libro Alba Dorata edizioni Fandango