Continua oggi e domani in Piemonte, Sicilia e in altre regioni la mobilitazione dei sindacati dei pensionati contro la revisione del sistema di indicizzazione degli assegni a partire da quelli da 1.500 euro lordi mensili, riducendone così il potere d’acquisto, stabilito dalla legge di bilancio. Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil saranno in piazza contro «i tagli alle pensioni per 2,5 miliardi di euro in tre anni».. «Misure – spiegano – profondamente ingiuste perché colpiscono una categoria particolarmente debole». I sindacati descrivono perfettamente il gioco retorico illusionistico usato dai populisti per ripristinare il blocco della rivalutazione che doveva invece essere cancellato a partire dal primo gennaio di quest’anno. «Hanno presentato – continuano le federazioni piemontesi dei sindacati – una manovra per abolire la povertà e invece di intervenire per creare lavoro, stimolare la crescita e lo sviluppo, producono una riduzione del reddito e redistribuiscono la povertà. Questo significa negare la rivalutazione delle pensioni».

Domani i sindacati dei pensionati siciliani manifesteranno davanti alla prefettura di Palermo. «Questo esecutivo – sostengono i segretari delle federazioni di Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil – come gli altri che lo hanno preceduto, vuole risparmiare sui tantissimi cittadini pensionati- Non devono fare cassa su di noi. Da quest’anno poi saremo penalizzati ancora di più perché, a differenza di quanto previsto, non sarà ripristinata la rivalutazione delle pensioni bloccata dal 2011. Ci sarà un nuovo sistema di riduzione della perequazione per gli importi superiori a 1500 lordi al mese».

Tra una sciata e un annuncio su Facebook, il vicepresidente del consiglio, e duplice ministro del lavoro e dello sviluppo, Di Maio ieri ha cercato di fare finta di nulla. «Le uniche pensioni che saranno toccate sono le pensioni d’oro, che per noi sono da 4mila euro netti in su – ha detto – Tutti gli altri con l’aumentare dell’inflazione avranno l’aumento delle pensioni anche nel 2019».

Il muro di gomma grillo-leghista non ferma i sindacati che hanno già tracciato la strada per una mobilitazione generale contro le iniquità della manovra che realizza il paradosso di spremere il popolo in nome del popolo. La contestazione riguarda anche il decreto «quota 100». Il segretario nazionale della Cgil Roberto Ghiselli ieri ha ripetuto l’invito al governo a non prendere iniziative senza un confronto con i sindacati. «Quota 100 – ha detto – è una misura a termine, non una riforma organica e sostenibile della riforma Fornero». Soprattutto, ha aggiunto Ghiselli, non può essere nemmeno definita «quota 100» perché «il requisito dei 38 anni di contributi per l’anticipo pensionistico rimarrebbe vincolante a prescindere dall’età».
Tutto questo non ha nulla a che vedere con la farlocca «cancellazione della Fornero» vantata dai leghisti in vista delle elezioni europee di maggio. «Non serve a migliorare le condizioni di gran parte delle persone, soprattutto quella di chi ha fatto lavori discontinui e gravosi. Vorremmo anche capire se il decreto conterrà la proroga dell’Ape sociale e di Opzione donna, oltre che un intervento risolutivo per gli esodati».