«Ero diventata niente. Non appartenevo più a me stessa». Rose ha solo quattordici anni quando suo padre la vende ad uno sconosciuto per una borsa di monete d’oro. Ci sono altre tre figlie più piccole da sfamare e Onésime, il padre della giovane, possiede solo la vecchia casa in cui vivono, una stalla e una tettoia: per vivere coltiva la terra d’altri e questo non sempre dà da mangiare a tutta la famiglia. Sarà così tentato da quel contratto diabolico: «scambiare la propria carne con della terra». E quando si renderà conto davvero di ciò che ha fatto sarà ormai troppo tardi per riportare a casa la ragazza.

Siamo nelle campagne del Sud-Ovest della Francia, tra magre praterie, rilievi pietrosi, boschi di querce e ruscelli. Difficile capire con esattezza in che epoca ci troviamo, probabilmente nel XIX secolo, ma la sensazione che ci affida la storia è che da queste parti le cose potrebbero non essere cambiate un granché neppure in seguito.

Lo scrittore Franck Bouysse

Immersa in una ruralità che sotto una superficie apparentemente placida non è in realtà mai facile da vivere se non, a tratti, addirittura minacciosa, Franck Bouysse ambienta una sorta di favola dell’orrore che è al tempo stesso una precisa e drammatica denuncia della violenza di genere. Perché Rosa, la protagonista di Nato da nessuna donna (Neri Pozza, pp. 268, euro 18, traduzione di Maddalena Togliani) non è sola venduta da un uomo ad un altro uomo, ma è trattata da quest’ultimo alla stregua di un animale, ridotta in schiavitù, violentata, marchiata come un capo di bestiame, separata dal figlio nato dagli stupri ripetuti che ha subito. E, infine, rinchiusa con la compiacenza di un medico della zona in un ex convento trasformato in manicomio.

Apprendiamo della sua terribile vicenda attraverso dei quaderni che la ragazza ha riempito nel corso dei lunghi anni trascorsi da reclusa, nei quali ha annotato le proprie emozioni, i sogni e le ferite che sono state inferte al suo corpo come al suo spirito. In quelle pagine ha riunito le residue speranze e, molto più spesso, descritto la profondità dell’abisso nel quale è stata deliberatamente gettata. «Penso alle Landes, dove abitavo tanto tempo fa, in un’altra vita.. A cosa serve opporsi a quella maledetta eternità che mi tende le braccia. Tutto ciò che faceva di me una persona, anche se non contavo niente, mi è stato tolto. A che serve continuare a vivere quando non si spera più in niente, quando si è diventati un fantasma che sa di esserlo?».

Nato in Corrèze, professore di biologia in un liceo di Limoges, Franck Bouysse è un attento osservatore di ciò che resta di quel mondo contadino, fatto di storie, luoghi e persone, che sembra essersi trasformato con il passare degli anni in una gigantesca periferia rurale delle metropoli. Eppure questa terra ha ancora un respiro proprio che Bouysse, estimatore dei narratori americani dei «grandi spazi», da Faulkner a Mc Carthy, rilegge da tempo in chiave «gotica», facendo convivere il noir con il cupo risentimento di luoghi dominati dalla violenza. O dove la violenza è sempre pronta ad esplodere, trasformando una «ninna nanna» in una favola nera e senza pietà. Un orizzonte già indagato con grande fascino nel suo romanzo del 2016 pubblicato anche in questo caso da Neri Pozza, Ingrossare le schiere celesti che raccontava analogamente i misteri e l’orrore di un mondo dimenticato.