Estradizione in Spagna e arresto immediato per evitare la fuga dalla Germania. Le due richieste del procuratore generale dello Schleswig-Holstein contro l’ex presidente catalano Carles Puigdemont rimbombano da ieri mattina nei corridoi della Corte suprema del Land incaricata di emettere il verdetto.

La prima istanza, non ancora depositata, risulta tuttora «in fase di preparazione» negli uffici della Procura; la seconda è già stata formalmente respinta dalla Corte con la motivazione che «non c’è nessun aumento del rischio che l’imputato si renda irreperibile».

Entrambe derivano dall’audit del 9 maggio scorso: la «verifica» del dossier-Puigdemont del procuratore Wolfgang Zepter alla luce delle «nuove informazioni dalle autorità spagnole che dimostrano le violenze commesse contro le forze di polizia nazionali» è la giustificazione stesa nera su bianco.

Da qui il suo rinnovo dell’accusa di «ribellione» (già definita inammissibile a marzo dalla Corte suprema per l’assenza di violenza) che rimarrebbe in piedi «a causa dell’estensione della rivolta in Catalogna» e la comparabilità con il reato tedesco di «alto tradimento» connesso alla «rottura della Landfrieden»: la pax costituita.

In attesa della sentenza dei giudici supremi – oltre che del ricorso al Tribunale costituzionale federale già annunciato dalla difesa di Pugdemont in caso di esito sfavorevole – l’impianto accusatorio di Zepter sussunto dal magistrato spagnolo Pablo Llarena presume ancora la distrazione di 1,6 milioni di euro di fondi pubblici per finanziare il referendum indipendentista del primo ottobre 2017.

Un atto che il collega iberico definisce «incostituzionale» nel mandato europeo alla base dell’arresto di Puigdemont in Germania il 25 marzo. Bloccato al confine con la Danimarca, era stato rinchiuso nel carcere di Neumünster e poi rilasciato dietro cauzione di 75 mila euro. Oggi si muove a piede libero a Berlino limitato dal solo obbligo di firma settimanale, fatta eccezione per la sorveglianza a vista dell’intelligence di entrambi i Paesi.

Comunque, la capitale tedesca è il posto giusto dove far pesare la sua estradizione che ha già diviso i partiti del Bundestag; il palco dove si snoda meglio la linea processuale affidata all’avvocato Wolfgang Schomburg, ex giudice della Corte di Karlsruhe, primo tedesco all’Assemblea generale dell’Onu, con un passato nei Tribunali penali su Ex Jugoslavia e Ruanda. È il maggiore esperto mondiale di diritto penale internazionale: un giurista in grado di mettere ben sotto pressione il governo Merkel come successo tre mesi fa con la richiesta alla ministra della Giustizia Spd Katarina Barley di dichiarare che «la Germania non concederà l’estradizione politica» al governo Rajoy.

La Procura del Land, cui è stata scaricata la “patata bollente” Pugdemont – bloccato nel punto suggerito dai servizi di Madrid grazie alle microspie sotto l’auto – intende far quadrare il cerchio dimostrando l’uso della violenza nei confronti della polizia spagnola. È il particolare risolutivo che imporrebbe il rimpatrio coatto e immediato dell’ex presidente catalano.

Tuttavia l’ultima parola spetta alla Corte dello Schleswig-Holstein chiamata a chiudere il capitolo giudiziario e reindirizzare il caso politico. La Groko di governo continua a trincerarsi dietro alla non-ingerenza con la magistratura locale e federale, mantenendo l’incondizionato appoggio alla «Spagna democratica e membro Ue». Solo l’opposizione auspica che «con il nuovo presidente Quim Torra si torni ad affrontare il conflitto con la politica e non più con la giustizia penale» come ha sottolineato ieri il portavoce della Linke al Bundestag.