I droni a carte scoperte: il 90% vittime innocenti
Guerra sporca Scoop mondiale di the Intercept, la redazione di controinformazione di Greenwald e Poitras (gli stessi del caso Snowden-Nsa). Una nuova "gola profonda" rivela nel dettaglio tutti i meccanismi e la catena di comando di queste cieche macchine di morte
Guerra sporca Scoop mondiale di the Intercept, la redazione di controinformazione di Greenwald e Poitras (gli stessi del caso Snowden-Nsa). Una nuova "gola profonda" rivela nel dettaglio tutti i meccanismi e la catena di comando di queste cieche macchine di morte
Fino al 90 % di vittime dei «bombardamenti mirati» dei droni americani sarebbero state innocenti. Lo rivela un rapporto di the Intercept, la redazione di controinformazione digitale fondata dal giornalista Glenn Greenwald e Laura Poitras, la regista di Citizen Four (il documentario su Edward Snowden).
Nel rapporto, una serie di articoli meticolosamente circostanziati grazie a documenti riservatissimi del joint special operations command, il riferimento all’origine del carteggio è semplicemente «la fonte». Due anni fa Poitras e Greenwald furono già i depositari delle rivelazioni di Edward Snowden sulla sorveglianza totale della Nsa ma i nuovi documenti che rivelano in dettaglio i retroscena delle «uccisioni mirate» Usa provengono, ormai è chiaro, da un secondo individuo.
Forse si tratta della persona cui si fa riferimento al termine di Citizen Four, in cui Greenwald e lo stesso Snowden commentano, dal rifugio russo di quest’ultimo, l’esistenza di una nuova «gola profonda» che dall’interno dell’ apparato di sicurezza nazionale avrebbe deciso di seguire il suo esempio.
I documenti resi pubblici da Intercept, in collaborazione con Huffington Post per avere maggiore visibilità, costituiscono una documentazione voluminosa e minuziosa sulle operazioni segrete che gli Stati Uniti da anni conducono in Afghanistan, Pakistan, Yemen e Somalia a mezzo di droni telecomandati usati per «neutralizzare» obiettivi nemici, come vengono designati nel burocratese della Cia gli individui inseriti nella «kill list».
Il dossier comprende statistiche su numero e ubicazione delle operazioni, numero di vittime e le modalità di selezione impiegate per individuarle.
In diagrammi e grafici powerpoint da congresso aziendale vengono illustrate le modalità organizzative del complesso militare segreto creato per combattere i terroristi. Si spiega ad esempio come funziona la kill chain, la catena di comando per le uccisioni «mirate» che culmina con l’autorizzazione firmata della casa Bianca.
Segue il protocollo di «esecuzione» che prevede ulteriori firme, come quella del «capostazione» Cia e ambasciatore in loco. Si delineano con dovizia da aggiornamento professionale le più efficienti «tecniche di caccia all’uomo» impiegate nell’ Hindu Kush.
La fonte dei documenti non viene mai rivelata da the Intercept (che mantiene un server criptato per le denunce anonime) ma nel rapporto viene citato. «È un esplosione di monitoraggio», sostiene fra l’altro «l’informatore», «una catalogazione di individui a cui vengono assegnati numeri (…) e condanne a morte senza avvertimento su un campo di battaglia mondiale».
Una campagna, come scrive uno degli autori di Intercept, Jeremy Scahill, perseguita all’insegna della parossistica segretezza da «due presidenti nell’arco di quattro mandati».
Ma come si delinea in base ai nuovi documenti, il programma istituito da Bush dopo l’11 settembre è stato ingigantito e potenziato da Obama che ha adottato la guerra segreta come strategia sostitutiva a fronte del ritiro di forze convenzionali da Iraq e Afghanistan.
Scahill, già autore del bel documentario Dirty Wars su questo stesso argomento, rivela inoltre i dettagli del pressing esercitato su Obama subito dopo la sua elezione per sviluppare un complesso bellico occulto il cui budget si calcola ormai in trilioni di dollari.
«Una dottrina», sempre secondo Scahill, «che ha alimentato una guerra senza frontiere ormai raffinata e istituzionalizzata (e) normalizzato l’assassinio come componente centrale della politica antiterrorista americana».
«Normalizzato» è stato anche il concetto di danno collaterale accettabile. I documenti rivelano ad esempio che nell’operazione denominata Haymaker condotta in Afghanistan fra il gennaio 2012 e febbraio 2013 i droni delle forze speciali hanno fatto 200 vittime di cui solo 35 erano bersagli intenzionali.
Lo scorso gennaio una bombardamento telecomandato mirato su «bersagli nemici» ha ucciso anche il contractor americano Warren Weinstein e il cooperante siciliano Giovanni Lo Porto, ostaggi degli Afghani.
L’istituzionalizzazione delle esecuzioni extralegali sono il contrappunto alle detenzioni illimitate di Guantanamo. L’appalto della guerra a forze speciali e Cia ha determinato una deriva verso l’assassinio come metodo risolutivo e, come dimostra la piccola «guerra mondiale» nei cieli della Siria, ha avuto un inarrestabile effetto di contagio.
[do action=”quote” autore=”La fonte dei “Drone Papers””]«Abbiamo consentito che questo accadesse e quando dico ‘noi’ mi riferisco a ogni cittadino americano con conoscenza dei fatti, che tuttavia continua a non fare nulla»[/do]
Fra le tante ironie nessuna forse è più amara della recente cronaca afghana con la riconquista talebana di Kunduz, il bombardamento americano dell’ospedale di Msf e il dietrofront sul ritiro delle ultime truppe.
Con l’ascesa dell’Isis, a conferma oltretutto della futilità effettiva di 13 anni di mortifere operazioni segrete.
Conclude la talpa di Intercept: «Abbiamo consentito che questo accadesse e quando dico ‘noi’ mi riferisco a ogni cittadino americano con conoscenza dei fatti, che tuttavia continua a non fare nulla».
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