Un misto di impazienza e apprensione si insinua, ormai da anni, nell’animo dei lettori di James Ellroy, alla vigilia dell’uscita di ogni suo romanzo. Sanno per esperienza che il maestro del noir moderno, il primo autore «di genere» e uno dei pochi in assoluto ad aver infranto la distinzione codificata da Borges tra scrittori che lavorano sui «procedimenti verbali» e autori che operano sulle «passioni dell’uomo», li prenderà alla sprovvista e li costringerà a un cimento. Si aspettano che Ellroy non li accompagni per mano nei meandri delle sue trame complicatissime o nell’animo tenebroso dei suoi personaggi: una sfida li attende.

Ellroy li attrae con il suo stile sempre più sperimentale, con i suoi giochi di parole (che nella traduzione italiana inevitabilmente un po’ si perdono) con le tinte ogni volta più livide e perverse delle vicende che racconta. Poi li abbandona nel labirinto di storie che si accavallano e si intrecciano e nel moltiplicarsi di intrighi alimentati da fredda cupidigia e passioni incandescenti. Ora, Questa tempesta (magistrale traduzione di Alfredo Colitto, Einaudi, pp. 850, € 24,00) non delude le aspettative né scongiura le minacce.

Secondo volume del secondo Los Angeles Quartet, è il miglior romanzo di Ellroy almeno da American Tabloid ed è probabilmente la sua opera più ambiziosa e azzardata. Comincia esattamente dove finiva Perfidia, uscito cinque anni fa (lettura indispensabile per addentrarsi nel seguito), ovvero un mese dopo Pearl Harbour e l’entrata in guerra degli Stati Uniti. Nel presentare, alla fine del libro, l’elenco dei personaggi e delle loro apparizioni nei suoi precedenti romanzi, lo scrittore chiarisce che i due Quartetti di LA e la Trilogia americana «costituiscono un’unica narrazione storico-romanzesca»: Ellroy la va costruendo da oltre trent’anni, ma non vi si trova alcuna unità stilistica né omogeneità di intenti. Nonostante i personaggi siano spesso gli stessi, il nuovo Quartet non è solo un prequel di quello precedente, che mirava a ricostruire la storia segreta della Città degli Angeli negli anni Cinquanta, perché invece rovescia e destruttura quei romanzi, spostando l’obiettivo sull’introspezione dei personaggi e delle loro motivazioni, sino a modificarne retrospettivamente il senso.

Quando, trentatré anni fa cominciò, con Dalia nera, a scrivere la sua controstoria di Los Angeles e degli Stati Uniti in genere, Ellroy era interessato soprattutto a svelare il cuore nero dell’America, l’impasto di corruzione, cinismo, ambizioni private e freddi giochi di potere nascosto dietro le apparenze smaglianti della storia ufficiale. Oggi l’importante sono i personaggi, gli abissi delle loro anime, l’ansia di redenzione che si accompagna alla nefandezza, la complessità delle pulsioni che li animano e che non sono mai riducibili a semplice sete di denaro o di potere.

Non ci sono personaggi positivi nell’opera di James Ellroy. La luce non esiste o non gli interessa: il buio è più ricco di sfumature. Il male, che dominava già nel primo Quartet, non è mai banale e il contrappunto di questo secondo quartetto vuole mostrarlo e dimostrarlo. Ellroy ha quindi abbandonato il sostanziale realismo del passato a favore di un iper-realismo che trascura la credibilità dei particolari ed esalta invece, amplificandole ben oltre i confini del realismo, le componenti profonde di un’epoca di svolta che spezza e interrompe il corso usuale delle cose, travolge le vite dei protagonisti, fa emergere all’improvviso la loro contraddittorietà e la loro verità segreta.

Cinque sono i personaggi intorno alle vicende dei quali si articola la trama di Questa tempesta, tre dei quali già protagonisti di Perfidia: il demoniaco Dudley Smith, figura centrale ed emblema della corruzione e del razzismo della polizia di Los Angeles sin dal primo Quartet, uomo crudele e fragile, traditore dotato di una sua strana lealtà, il più astuto e il più ingenuo; il geniale chimico del Dipartimento di polizia Ashida, sfuggito alla persecuzione che si abbatte sugli americani di origine giapponese dopo l’attacco del 7 dicembre 1941 grazie alla protezione di Smith, in guerra con i sensi di colpa e con l’inconfessata omosessualità; Key Lake, ereditata dal primo grande romanzo di Ellroy, Dalia nera, ambiziosa e manipolatrice ma anche a modo suo candida: una Dark Lady con il cuore della ragazza di provincia della porta accanto.

Si aggiungono due figure che nel libro precedente avevano occupato postazioni periferiche: il sergente Elmer Jackson, personaggio reale, amante, protettore e socio in affari di Brenda Allen, la principale tenutaria della metropoli californiana, i cui rapporti con i vertici della polizia furono all’origine del clamoroso scandalo che nel 1948 travolse il Los Angeles Police Department, e Joan Conville, che si era affacciata in Perfidia solo come fantasma e ossessione erotica del futuro capo della polizia di Los Angeles Bill Parker: un’altra ragazza dotata che ha raggiunto la metropoli dalla provincia con il suo bagaglio di sogni e ambizioni, all’improvviso sulla cresta dell’onda, poi distrutta dai venti selvaggi della Storia.
I personaggi che Ellroy mette in campo sono molti di più: una folla. Alcuni sono immaginari, altri reali, come lo stesso «Whiskey» Bill Parker, il capo dei fascisti messicani Salvador Abascal o Orson Welles, nei confronti del quale lo scrittore manifesta un ingiustificato disprezzo.

La proliferazione dei personaggi assolve a una funzione precisa: Ellroy mira a creare un effetto corale per restituire la realtà di una città e di un’America colte nel momento d’eccezione che infrange la normalità e in cui tutto diventa possibile. Mondi che solitamente non entrerebbero in contatto si incontrano e si confondono. Intrighi di ogni tipo si intersecano: corruzione, spionaggio, commistioni politiche inimmaginabili, passioni improvvise, travolgenti ed effimere, licenziosità di ogni sorta. Il risultato è un caos nel quale i lettori rischiano di smarrirsi non meno dei protagonisti ma che in realtà, dietro la confusione in apparenza insensata, compone un quadro unitario e lucidamente perseguito dall’autore: la cronaca di un uragano che irrompe per cambiare tutto e tutti.

Non è un caso che in Questa tempesta siano le donne a condurre i giochi nel mondo solitamente al maschile di Ellroy. Sebbene attraverso strumenti diversi dal passato, lo scrittore americano resta molto attento a restituire con meticolosa precisione gli slittamenti sociali e le mutazioni profonde del costume. La guerra determina anche in America un’improvvisa irruzione delle donne, registrata in tempo reale dall’esplosione delle Dark Ladies, con il capolavoro del 1944 Double Indemnity interpretato da Barbara Stanwick, anche lei tra i personaggi reali che affollano Questa tempesta. Ellroy le riprende, riempie il suo romanzo di pericolose signore in nero ma allo stesso tempo ne smantella il mito svelandone la fragilità nascosta sotto il manto fatale. E chiude così il cerchio aperto al tempo da Billy Wilder e Raymond Chandler, lo sceneggiatore di quel film-pietra miliare e l’unico scrittore noir che gli si può paragonare per importanza e potenza innovativa.