L’alleanza con il Pd si può fare ma senza la ricandidatura di Bonaccini, dice il M5S. Disponibilità a un accordo ma senza veti sui nomi, replica il Pd. È tutto qui lo scontro politico in atto in Emilia-Romagna tra due forze alleate a Roma e, in regione, ancora avversarie. Ma potenzialmente unite contro la destra di Salvini alle regionali del 26 gennaio. A finire presa nel mezzo è la figura di Stefano Bonaccini: fino a ieri inamovibile presidente della Regione in cerca del bis, da oggi un po’ meno sicuro di quel che farà nei prossimi 5 anni. Perché se è vero che il centrosinistra resta la forza favorita nella corsa elettorale è anche vero che con un’alleanza con i 5 Stelle la vittoria sarebbe messa in cassaforte con largo anticipo, senza rischiare una clamorosa ma non impossibile sconfitta ad opera della leghista Lucia Borgonzoni e della sua coalizione Lega-Fdi-Forza Italia. I sondaggi sono lì a ricordarlo a tutti: la vittoria della destra è una concreta possibilità.

A dare il via alle danze dello scontro la vicepresidente della Camera, la grillina Maria Elena Spadoni, che in un’intervista al Corriere di Bologna ha messo la pregiudiziale sulla ricandidatura del presidente uscente a nome di tutto il Movimento. Posizione che nella giornata di ieri si è fatta più sfumata, ma resta il segnale politico e un accordo definito da tutti i 5S «complicato». Il Pd emiliano ha alzato gli scudi a difesa di Bonaccini. «Non siamo disposti a fare nessun passo indietro», ha dichiarato il capogruppo dem in Regione Stefano Caliandro. «Bonaccini ha lavorato bene, giusto riconfermarlo», gli ha fatto eco il consigliere Antonio Mumolo. «Se avessero prevalso i veti non avremmo fatto il governo», ricorda il segretario regionale del Pd Paolo Calvano. Dichiarazioni che mettono un tappo ai malumori – per ora inespressi pubblicamente – che da tempo covano tra una parte dei dem e dei loro alleati di sinistra nei confronti dell’attuale presidente, giudicato troppo accentratore e per nulla in grado di garantire quella discontinuità che renderebbe credibile un matrimonio elettorale tra Pd e M5S.

Interpellato sul veto dei 5 Stelle Bonaccini si è dapprima trincerato dietro un «non ho nulla da dire a riguardo». Per poi aggiungere: «Se il M5S vorrà discutere di programmi siamo qui, se vorrà discutere solo di nomi non lo so, valuteranno altri». Insomma a decidere con ogni probabilità non sarà né la pancia con i suoi malumori né il partito regionale, deciso a blindare il bis del governare, ma la testa, e cioè i vertici di Pd e 5 Stelle, Di Maio e Zingaretti. Con molta attenzione al risultato delle elezioni umbre, vero test per misurare sul campo l’efficacia di un asse Pd-5 Stelle guidato da un candidato civico. E se in Umbria un nome civico credibile e condiviso è stato individuato in pochi giorni, ragiona qualcuno, perché non si può ripetere la stessa operazione in Emilia-Romagna?

Mentre Pd e 5 Stelle discutono, a sinistra dei dem sono in corso grandi manovre. A giorni potrebbe essere annunciato un progetto civico e politico, che metterà assieme Art1, Sinistra italiana ed È Viva. Ma che dovrebbe avere un respiro più ampio e puntare decisamente sui temi dell’ecologia. A breve saranno decisi nome e simbolo della lista a cui sta lavorando anche l’ex europarlamentare Elly Schlein. L’idea è quella di andare a riconquistare i voti di giovani e delusi, e di andare oltre i consensi degli ex Pd che in Emilia Vasco Errani e Pierluigi Bersani possono comunque garantire. La lista sarà alleata dei dem, ma chiederà discontinuità su ambiente, grandi opere e sanità. I Verdi potrebbero essere della partita ma sembrano molto tentati dalla corsa in solitaria. Tutto si deciderà da qui a sabato quando gli ecologisti terranno il loro congresso.

Fuori dal coro Rifondazione, che sta lavorando ad un progetto sotto il nome ombrello dell’Altra Emilia-Romagna, e Potere al Popolo con la sua candidata Marta Collot.