Oltre che con le armi, la guerra civile libica si combatte a suon di dichiarazioni.

In questo campo, il generale Khalifa Haftar, autoproclamato capo dell’Esercito nazionale libico (Lna) non vuole essere secondo a nessuno.
Dopo aver dichiarato la «battaglia finale» per la presa di Tripoli (12 dicembre), due giorni fa ha chiamato la popolazione libica alla «mobilitazione generale» e alla «jihad» (guerra santa) contro il «brutale colonizzatore ottomano».

Il riferimento è alla Turchia che tre giorni fa ha votato in parlamento a favore dell’invio dei soldati turchi in Libia in sostegno del Governo di Accordo nazionale (Gna) riconosciuto internazionalmente. Haftar, che ha lanciato la sua offensiva contro il Gna lo scorso aprile, ha usato toni inequivocabili: «È tempo di affrontare e accettare la sfida e di portare armi, uomini e donne, militari e civili».

Non meno duro è il suo braccio politico, la Camera dei Rappresentanti (il parlamento di Tobruk nell’est del Paese) che ieri ha approvato una mozione che chiede di tagliare i legami diplomatici con la Turchia, chiudere le ambasciate tra i due paesi, deferire al pubblico ministero il premier di Tripoli al-Sarraj e il ministro degli esteri Siala con l’accusa di «tradimento» e di ritenere nulli i due memorandum d’intesa (marittimo e di sicurezza) firmati dal Gna e Ankara lo scorso novembre.

Con Tobruk si è schierata anche al-Azhar, la più importante istituzione dell’Islam sunnita. «Ogni intromissione straniera in Libia complicherà solo la situazione nel Paese e causerà un maggiore bagno di sangue e all’uccisione di innocenti», ha fatto sapere ieri il Consiglio dei grandi ulema della prestigiosa università che ha denunciato la «mentalità di egemonia adottata da alcuni paesi della regione contro il mondo arabo».

Pur senza citarla, anche il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha bacchettato Ankara: «Qualsiasi sostegno straniero alle parti in guerra non farà che aggravare il conflitto e complicare gli sforzi per una soluzione pacifica».

La situazione umanitaria è sempre più preoccupante a causa degli intensi attacchi aerei e bombardamenti intorno a Tripoli.
«Sono inorridito da questi attacchi indiscriminati e insensati alle aree e alle infrastrutture civili che continuano a fare vittime innocenti», ha detto laconicamente Yacoub El Hillo, il coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per la Libia.