Erano tutti presenti sulla scena di Bruxelles ieri: le “istituzioni” (Bce, Ue, Fmi) e i loro presidenti, i 19 ministri delle finanze della zona euro, in serata i 19 capi di stato e di governo. Tutti al capezzale del caso greco, come un coro dell’Aida, “partiam, partiam”. Ma ancora un nulla di conclusivo. Il Consiglio straordinario, l’ennesimo dell’ “ultima speranza”, era stato degradato nel pomeriggio a un incontro “consultivo” (Merkel). In settimana si riunirà un nuovo Eurogruppo, mercoledi’ o addirittura giovedi’ mattina, poche ore prima del Consiglio europeo del 25-26. Sono arrivate nuove proposte da Atene. “Le prime vere proposte” di Atene da mesi, per Donald Tusk (Consiglio). “Visti i tempi troppo brevi”, per Dijsselbloem (Eurogruppo) non è stato possibile “esaminarle e valutarle in modo completo e approfondito”. Il vertice straordinario dei capi di stato e di governo si limita a “uno scambio di vedute”, in vista di “un accordo in settimana”.

Il tempo è sempre più stretto, il 30 ci sono due scadenze per Atene: il rimborso di 1,6 miliardi all’Fmi e la fine del secondo piano di aiuti, già rimandato due volte, che se scade vedrà evaporarsi i 7,2 miliardi che devono ancora essere versati alla Grecia.

Alexis Tsipras, in azione fin dal mattino, ha incontrato Juncker (Commissione), Lagarde (Fmi), Draghi (Bce), Dijsselbloem (Eurogruppo). Ha presentato le ultime proposte greche, le “chiavi per l’accordo”: delle concessioni e qualche paletto. No a un eccedente primario eccessivo (l’intesa, raggiunta già nei giorni scorsi è per un avanzo primario dell’1% quest’anno), no a un nuovo calo delle pensioni né tagli all’Ekas, no a un aumento delle tariffe dell’elettricità, come chiede l’Fmi. Tsipras vuole tornare a una “normalità” del diritto del lavoro in Grecia. Propone invece una riforma dei contributi, la lotta all’evasione e alla corruzione. Sulle pensioni promette di arrivare già nel 2016 a una riduzione drastica dei pre-pensionamenti, per recuperare intorno ai 2 miliardi e qualche taglio alle pensioni più alte. Concessioni anche sull’Iva, che potrebbe aumentare dal 6,5% al 13% sul settore alberghiero e, forse, anche dal 13 al 23% per i ristoranti. Non è chiaro se ci sarà un aumento anche per le attività turistiche nelle isole più ricche. Atene chiede in cambio un impegno preciso per rinegoziare il debito (320 miliardi, 177% del pil), come era stato promesso dai creditori – e mai mantenuto – già nel novembre 2012.

La Grecia è con le spalle al muro. Quest’anno deve rimborsare 15 miliardi ai creditori. Ieri, la Bce ha di nuovo – è la terza volta da mercoledi’ scorso – alzato l’Ela (liquidità di emergenza) per evitare l’asfissia del sistema bancario. Nella guerra in corso, i creditori giocano con il rischio di un bank run, che potrebbe portare a un Grexident: ci sono stati ritiri tra i 4 e i 6 miliardi dai conti correnti in Grecia negli ultimi giorni, per il momento la Bce compensa (ma al ribasso) con l’Ela (che ha superato gli 85 miliardi). Ma le Borse ieri hanno reagito al rialzo, credendo nella possibilità di un accordo. Pressioni ieri sulla Ue da Jacob Lew, segretario al Tesoro Usa, per un accordo.

Per tutta la giornata è andata in scena sempre la stessa partizione, tra falchi e mezze colombe. Hollande spinge per un accordo “durevole e globale” e ha affermato che le proposte di Tsipras sono una “buona base”. Merkel, forse anche Hollande, hanno potuto consultare il testo delle proposte greche prima degli altri. Cattivo umore del fronte dei falchi, pesci pilota di Wolfgang Schäuble, per il quale la Grecia “non ha presentato proposte sostanziali”. Alla Grecia è stato rimproverata una prima versione di proposte “senza cifre”, a cui ha poi fatto seguito un testo più preciso. Il commissario Pierre Moscovici ha drammatizzato: “il Grexit si gioca in gran parte oggi” e anche Juncker ha espresso pessimismo per una soluzione rapida. Il ministro dell’economia greco, Giorgos Stathakis, ha spiegato invece che c’è ormai “una base per un accordo formale” e che mancano soltanto degli “aggiustamenti tecnici”, che saranno realizzati nei prossimi giorni, per arrivare a una “formalizzazione dell’accordo” probabilmente al Consiglio di fine settimana. Un accordo durevole dovrebbe contenere non solo un catalogo di misure immediate per “risanare” il bilancio greco, ma anche precisazioni sulla ristrutturazione del debito. E, infine, un chiarimento sulla futuro della presenza – incongrua, voluta nel 2010 dalla Germania – dell’Fmi, una “banca” che non ha nulla a che vedere con la Ue: l’intervento dell’Fmi sulla Grecia scade nella primavera del 2016 e l’Eurozona dovrebbe chiarire se sarà messo allora un punto finale a questa presenza (la zona euro, tra Fondo salva stati e prestiti bilaterali, ha prestato circa 300 miliardi alla Grecia, mentre l’Fmi, che pure detta legge, solo 32).

Un’altra strada per rispondere a quello che ha messo in luce la crisi greca è il “consolidamento delle fondamenta dell’euro”, che ha rischiato – e rischia ancora – di mostrarsi come una moneta effimera, in caso di Grexit. Proposte in questo senso sono venute dal documento, diffuso ieri, dei “Cinque presidenti”: Juncker (Commissione), Draghi (Bce), Tusk (Consiglio), Schultz (Parlamento) e Dijsselbleom (Eurogruppo). Propongono di rafforzare sorveglianza dei budget e coordinazione delle politiche economiche nella zona euro.