Angela Merkel, François Hollande e Alexis Tsipras sono a Bruxelles fino ad oggi, per il vertice Ue-America latina. Dopo una giornata di caldo e freddo su un presunto incontro tra il primo ministro greco, il presidente francese e la cancelliera tedesca, in serata è stato confermato un colloquio.

Tsipras nel pomeriggio ha incontrato Jean-Claude Juncker, che potrebbe rivedere oggi. Per Angela Merkel, «quando si vuole si può», ma il punto centrale è che «ogni giorno conta». Per François Hollande, «bisogna fare in fretta». La Commissione ha fatto sapere di «non essere soddisfatta» delle ultime proposte greche. Il commissario agli Affari economici e monetari, Pierre Moscovici, ha «informato» Atene martedì sera sul fatto che «le ultime proposte non riflettono le discussioni tra Juncker e Tsipras», ha detto il portavoce del presidente della Commissione. Ma Bruxelles non ha ancora chiuso definitivamente la porta: un «accordo è possibile nei prossimi giorni», vuole sperare una fonte dell’esecutivo europeo.

Il tempo stringe sempre di più. La dead line è ormai il 30 giugno, giorno di espirazione del secondo piano di «aiuti» alla Grecia. Senza un accordo salterebbe l’ultima tranche di 7,2 miliardi, di cui Atene ha assolutamente bisogno per il rimborso di giugno all’Fmi, che è stato raggruppato a sorpresa a fine mese per un totale di 1,6 miliardi (poi a luglio-agosto ci sono pesanti scadenze con la Bce). I creditori stanno tirando la corda fino all’ultima ora (è dall’agosto 2014 che la Grecia non ricever un euro di aiuti e che sopravvive con l’Ela, la liquidità di emergenza della Bce). Anche il governo greco dà l’impressione di fare un gioco estremamente pericoloso, ma le richieste del Brussels Group non possono essere accettate senza spaccare Syriza.

In particolare, Atene non accetta la domanda di una riduzione delle pensioni, ci sono tensioni sull’Iva (l’Fmi, in particolare, vorrebbe 10 punti in più sull’elettricità) e anche sull’avanzo primario, su cui fino a qualche giorno fa sembrava essere stato raggiunto un accordo, adesso riemergono differenze: la Grecia è disposta ad arrivare allo 0,75% quest’anno per conservare un po’ di margine di manovra, i creditori si impuntano sull’1% (ma qualche mese fa chiedevano il 3%).

La Grecia chiede anche un impegno sulla ristrutturazione del debito. Il rischio è di un Grexident, un incidente che potrebbe essere un panico bancario, con ritiro di liquidi e fuga di capitali più di quando non sia già avvenuto finora. Se si arriva a un accordo, un Eurogruppo eccezionale puo’ essere convocato tra giovedì 11 e domenica 14. In caso contrario, resta la convocazione già programmata di un Eurogruppo il 18 giugno a Lussemburgo: ma qui siamo già alla linea rossa, perché un nuovo accordo, per entrare in vigore, deve essere votato dai parlamenti di alcuni paesi, tra cui il Bundestag tedesco, che il 18 giugno è convocato per l’ultima seduta della stagione.

Rimandare l’intesa al Consiglio europeo del 25-26 giugno sarebbe quindi estremamente rischioso e probabilmente già fuori tempo massimo. Se il 30 giugno la Grecia non rimborsa l’Fmi, ci sarà un mese di tempo per dichiarare il default del paese e all’orizzonte ci sarà il Grexit (uscita dall’euro).

Juncker da giorni non nasconde più la sua forte irritazione nei confronti di Tsipras, accusato dal presidente della Commissione al G7 di Elmau di essere un «bugiardo».
Per Juncker, «Tsipras sta perdendo uno dei suoi ultimi amici, finora la Commissione si è sempre mostrata flessibile e ha agito con rispetto nei confronti di Atene».
Ma la contro-proposta presentata della Grecia la settimana scorsa ha deluso Juncker e i creditori che hanno fatto saltare l’accordo. Per Bruxelles ormai «la palla è nel campo greco», un prendere o lasciare estremamente pericoloso.