All’inizio è partita come una versione greca del #MeToo hollywoodiano. La campionessa olimpionica Sofia Bekatorou ha denunciato di essere stata vittima di ripetuti stupri da parte del responsabile della Federazione. Presto il suo esempio è stato seguito da molte altre atlete che avevano avuto la stessa sorte. Grande ammirazione per il coraggio delle donne, ma poca sostanza sul piano giuridico, visto che quasi tutti i crimini erano andati in prescrizione.

Un’altra bomba è scoppiata poche settimane dopo, quando la palla passò dallo sport allo spettacolo: attori e registi famosi che esigevano prestazioni sessuali da chi voleva apparire in tv oppure lavorare in teatro. Anche in questo caso, le prime conseguenze sono state limitate. La giustizia ellenica si è mossa con i piedi di piombo.

La svolta è arrivata domenica scorsa. L’attore e regista Dimitris Lignadis, direttore artistico del Teatro Nazionale di Atene, è stato arrestato con un’accusa infamante: quella di essere uno stupratore di minori, un pedofilo seriale. Contro di lui numerose denunce di uomini e donne che molti anni fa avevano subito violenza da lui, ora incoraggiati a parlare grazie alle coraggiose rivelazioni delle atlete. Le vittime erano state violentate in giovanissima età, quindi il reato è prescritto. Eccetto in un caso, denunciato la settimana scorsa, con modalità del tutto coerenti con le precedenti denunce, che ha finalmente convinto la procura di Atene a muoversi.

L’arresto dell’ex uomo forte del teatro greco è un durissimo colpo al governo di destra di Kyriakos Mitsotakis. Lignadis è un frequentatore della famiglia del premier, in particolare dalla consorte. La sua prima rappresentazione, i Persiani di Eschilo, l’estate scorsa al teatro antico di Epidauro, è stata un evento: era stato vietato l’ingresso ai giornalisti mentre Mitsotakis e consorte erano giunti in elicottero militare. Pochi mesi prima il premier aveva annullato il concorso per l’incarico al Teatro Nazionale ed aveva ordinato alla ministra della Cultura Lina Mendoni, un’archeologa ultraconservatrice, di nominare il suo preferito Lignadis.

Quando sono partite le prime denunce di abusi ai minori, il premier era già sotto tiro per la sua disinvolta visita all’isola di Ikaria, circondato da una folla di elettori e clientes, in sprezzo a quelle misure di prudenza che il comune cittadino deve subire in tempo di pandemia. Alle immagini del coronaparty isolano, si sono aggiunte le numerose foto del famoso uomo di teatro con Mitsotakis. Su Twitter il giornalista Christos Xanthakis ha pubblicato la foto di un ordine di servizio dell tv pubblica Ert in cui si vietava di trasmettere immagini di Mitsotakis a Ikaria, mentre Lignadis doveva essere mostrato «assolutamente solo», nessuna foto con il premier, la consorte, la ministra. Il portavoce del governo ha confermato l’autenticità del diktat ma lo ha attribuito a «qualche imbecille».

Tutte le emittenti tv erano fortemente impegnate nell’opera di minimizzare lo scandalo ma una nuova ondata di rivelazioni ha cambiato le carte. Si è scoperto che Lignadis e suoi complici erano già stati denunciati nel 2012 dai vicini allarmati dal continuo viavai di ragazzini in un appartamento al centro di Atene. Le vittime erano minori non accompagnati gestiti da una Ong complice. L’indagine della polizia fu però bloccata dall’alto. All’epoca al governo erano i socialisti, ma ministro dell’Ordine Pubblico era lo stesso di adesso: Michalis Chrisochoidis, nel frattempo convertitosi alla destra estrema.

Venerdì la ministra Mendoni ha rotto il suo imbarazzato silenzio e in una penosa conferenza stampa si è difesa dicendo che è stata «ingannata» dalle «grandi capacità recitative» di Lignadis, definito «uomo pericoloso».

Sembrava il canto funebre della ministra, capro espiatorio, le cui dimissioni sono chieste a gran voce anche dai parlamentari di Nuova Democrazia, il partito d governo. Pare che già si stia negoziando per sostituirla. Ma Mitsotakis rischia l’effetto domino.