Francia contro il «Grexit», S&D prende le distanze da Schulz
Crisi della zona euro Ultimo gesto sprezzante della Ue: la proposta greca al Mes è esaminata dai "tecnici" del Tesoro (ma il presidente Regling vuole il parere di Commissione, Bce e Fmi). La Francia si schiera chiaramente contro il Grexit. Valls: "Indebolire la Grecia è indebolire tutti, la Francia non puo' abbandonare Atene". Voci discordanti tra i social-democratici, il gruppo S&D prende chiaramente le distanze da Martin Schulz e Sigmar Gabriel. Oggi le proposte greche dettagliate, domenica scade l'ultimatum, vertice decisivo.
Crisi della zona euro Ultimo gesto sprezzante della Ue: la proposta greca al Mes è esaminata dai "tecnici" del Tesoro (ma il presidente Regling vuole il parere di Commissione, Bce e Fmi). La Francia si schiera chiaramente contro il Grexit. Valls: "Indebolire la Grecia è indebolire tutti, la Francia non puo' abbandonare Atene". Voci discordanti tra i social-democratici, il gruppo S&D prende chiaramente le distanze da Martin Schulz e Sigmar Gabriel. Oggi le proposte greche dettagliate, domenica scade l'ultimatum, vertice decisivo.
Alexis Tsipras afferma di fronte all’Europarlamento che il «dibattito è politico», ma le istituzioni gli rispondono convocando un Euroworking Group, una riunione dei direttori del Tesoro dei paesi dell’Eurozona, per analizzare la richiesta presentata ieri dalla Grecia al Mes (Meccanismo di stabilità) di un piano su tre anni (senza specificarne l’entità).
Una nuova risposta sprezzante, anche se il presidente del Mes, Klaus Regling, vuole esaminare con la Commissione e la Bce le proposte greche, e chiede l’assistenza dell’Fmi, per valutare la sostenibilità del debito (ancora ieri il segretario al Tesoro Usa, Jack Lew lo ha giudicato «insostenibile»). L’Eurogruppo previsto ieri è stato annullato, forse si riunirà sabato, la vigilia del vertice dei capi di stato e di governo della zona euro, momento dove scade l’ultimatum e che, senza impegni precisi da parte di Atene, porterà inevitabilmente al Grexit. Oggi, o al massimo venerdì mattina, la Grecia presenterà le nuove «proposte concrete di riforme affidabili e giuste» al Consiglio, ha precisato Tsipras.
Qualcosa si muove. La Francia ha battuto un colpo a favore di Atene. Ieri, Manuel Valls ha organizzato un dibattito all’Assemblea nazionale sulla Grecia: «la Grecia è un alleato, un partner che la Francia non può abbandonare, indebolire la Grecia significa indebolire tutti», anche per ragioni geopolitiche (migrazioni, crisi mediorientale, Russia). Il primo ministro ha invitato «a rifiutare l’Europa del risentimento, della punizione, dell’umiliazione» un’Europa del «ripiego su se stessi».
Valls, a differenza di Juncker, ha capito che i greci al referendum non hanno detto no all’Europa e all’euro: «sappiamo ascoltare il messaggio di un popolo che ha subito un’austerità senza precedenti». Il primo ministro ha annunciato che ci sarà un voto sull’accordo anche in Francia (come in Germania, Olanda e Finlandia). La destra, dopo aver messo sotto accusa Hollande per la sua «passività», ha praticamente disertato l’aula (la destra è in stato confusionale, tre rivali alle future primarie per la candidatura all’Eliseo coprono tutto lo spettro delle posizioni: Sarkozy è per un Grexit immediato, Juppé ha proposto «un’uscita accompagnata», mentre Fillon vuole tenere la Grecia nell’euro). Maggiore flessibilità anche in Spagna. Manuel Rajoy ha giudicato «positivo» il «cambiamento di tono» di Tsipras.
Note discordanti anche all’interno del gruppo S&D, cioè tra i socialdemocratici europei. Il comunicato del gruppo, dopo il discorso di Tsipras, sembra una presa di distanza dalle dichiarazioni aggressive del presidente Martin Schulz nei giorni scorsi, seguite dalla dura presa di posizione di Sigmar Gabriel, ministro dell’Economia nel governo Merkel (aveva proposto «aiuti umanitari» per la Grecia). «Un urgente appoggio a un giusto accordo per la Grecia è necessario per salvare l’Eurozona», dice il comunicato, che invita a «moderare» i toni, a un progetto che tenga conto dell’equilibrio tra solidarietà e responsabilità e si dichiara persino a favore di un prestito-ponte (respinto dalle istituzioni).
I paesi dell’Eurozona, a un passo dal baratro, cominciano a fare i conti sui costi di un Grexit, che risulta molto più caro di un nuovo piano di aiuti ad Atene: anche se venisse evitato il temuto «contagio» grazie a Mes, Unione bancaria e acquisto di titoli pubblici da parte della Bce, sarebbero da mettere in passivo più di 200 miliardi (142 miliardi prestati dal Fesf, il fondo salva-stati, 53 miliardi di prestiti bilaterali degli stati, 27 miliardi della Bce, oltre a un centinaio di miliardi del sistema di compensazioni bancarie Target 2), cosa molto difficile da spiegare agli elettori. Nella lettera al Mes, la Grecia si impegna a «rispettare leggi e regole», sottolinea i rischi dell’instabilità finanziaria e promette, già «la prossima settimana», interventi sulle pensioni e sulla riforma fiscale, oltre ad «azioni supplementari per rafforzare e modernizzare l’economia». Christian Noyer, governatore della Banque de France, ha ieri evocato rischi di «scontri» se non verrà ripristinata la fiducia nel sistema bancario, in vista della riapertura delle banche (che restano chiuse fino a venerdì, dal 29 giugno).
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento