Il sindacato Ucu (University and college union) ha proclamato quattordici giornate di sciopero, di cui cinque consecutive, a partire dal prossimo 12 marzo in sessantuno atenei della Gran Bretagna.

È il più grande sciopero che il settore universitario inglese abbia conosciuto, la risposta al progetto delle amministrazioni universitarie di cambiare il sistema pensionistico che porterebbe – secondo i sindacati – a una perdita media di circa 10 mila sterline all’anno per le pensioni dei docenti.

Le università del Regno Unito intendono passare da un regime a prestazioni definite – che garantisce un reddito pensionistico garantito – a un regime a contributi definiti dove le pensioni sarebbero soggette ai cambiamenti imposti dal mercato azionario.

Il sindacato sostiene che i giovani docenti saranno i più colpiti, alcuni perderanno fino alla metà della pensione. Per tutti si parla di una perdita complessiva pari a 200 mila sterline.

Gli atenei sostengono che il sistema pensionistico ha un deficit di 6 miliardi di sterline. A loro avviso senza una riforma, i contributi pensionistici dovrebbero aumentare vertiginosamente. E questo comporterebbe tagli di spesa in altri settori quali l’ insegnamento, il sostegno agli studenti e la ricerca.

Ottantamila studenti di trenta università hanno firmato petizioni. Molti si dicono favorevoli allo sciopero, ma chiedono un compenso per le ore di lezione che perderanno a causa degli scioperi.

Dopo la riforma del 2010, che causò possenti mobilitazioni in tutto il paese, oggi gli studenti in Inghilterra pagano fino a 9.250 sterline all’ anno. A loro sono riconosciuti i diritti dei consumatori. È incerto se tali diritti si applichino, o meno, alle controversie sindacali.