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Conte senza coraggio

Sono una vostra lettrice da pochi mesi, il passaggio improvviso da Giuseppe Conte a Draghi mi ha addolorato davvero. Una differenza abissale, di stile, approccio umano. Conte doveva avere più coraggio nel nominare i ministri, purtroppo anche per lui la spartizione politica ha pesato. Ritengo che Draghi durerà lo stretto necessario. Abbiamo un grosso problema, un popolo disattento, superficiale, per tale motivo ha vinto il Sì al taglio dei parlamentari. Un disastro. Se avesse prevalso il No, saremo andati a votare subito. Lo spirito di vendetta verso Conte e Casalino si sono esauriti? Spero che subiscano altre rappresaglie dalle destre. Fossi al posto loro farei attenzione alle imboscate.

Luciana Rota

 

Insopportabile l’univoca narrazione della crisi

Per fortuna che c’è il “Manifesto”. Sono un vostro abbonato da parecchi anni, il giornale è, soprattutto in momenti come questo (passaggi storici, azzardo a dire) un indispensabile strumento per capire, riflettere, confrontarsi e …. muoversi. Una voce davvero “fuori dal coro” dei cortigiani del sistema; voce, punto di vista sistematicamente assente dalle tv.

È insopportabile l’univoca narrazione della crisi e del suo esito, conferma la marcata incontestabile natura di classe, di destra, dell’operazione politica alla quale abbia assistito. Certo, il governo Conte2 non era il nostro governo, ma, per sintetizzare, condividevo la posizione “realistica” della redazione, al netto di qualche criticabile appiattimento.

Non so se è stata la volontà, la necessità di superare la rabbia, l’indignazione e il disgusto che una sera con mia moglie ci siamo esercitati al gioco delle “ministralizie” e quindi, per rispondere alla debordante retorica dei tecnici (dei loro tecnici) abbiamo immaginato una compagine “altra”. Confesso una datata (da operaio, ora pensionato) cultura politica; una volta si diceva “rosso ed esperto” sottintendendo che di “neutro” non c’è nulla, si è sempre esperti-tecnici di parte. Ebbene, comincio (invitando altri amici, lettori, compagni a continuare il gioco): Guido Viale, Piero Bevilacqua, Tomaso Montanari, Tonino Perna, Marco Revelli, Luigi Ferraioli, Enzo Scandurra, Andrea Fumagalli, Alex Zanotelli, Patrizio Gonella, Marco Bersani, Gino Strada, ecc.. continuate voi, c’è solo l’imbarazzo della scelta nelle migliaia di competenze presenti nel mondo del lavoro, università, ricerca, movimenti, nella migliore società civile insomma. Nel finire non posso non criticarmi (e invitare ad integrarmi) per l’assoluta assenza di donne.

Cesare Garattini Pisogne (BS)

 

Nutro forti dubbi ma non “sfiduciamo” Draghi

Grazie a “il manifesto” per l’opportunità data ai lettori. La criticità della situazione sanitaria ed economica del Paese ci impone di mettere da parte per qualche mese le nostre posizioni politiche. Pur nutrendo forti dubbi sull’azione del Governo Draghi, seppure di emergenza, con dentro componenti di destra e di centro incompatibili con una vera politica di sinistra ritengo che, prima di sfiduciare questo governo e andare alle elezioni, bisogna aspettare l’elezione del Presidente della Repubblica e nel contempo la componente di Sinistra, promuovendo unità a Sinistra, deve essere vigile contro ogni deriva liberale facendosi promotore di politiche che mirano alla salvaguardia del bene pubblico, in particolare, scuola pubblica, sanità pubblica, acqua pubblica, senza trascurare la salvaguardia dei diritti dei lavoratori italiani ed extracomunitari, minati negli ultimi anni dai Matteo.

Almerigo Pantalone

 

Esecutivo spariacque

Questo governo è uno spartiacque tra chi lavora e chi governa, ed insieme vediamo destra e sinistra e persino i sindacati lo sostengono. Trovo gravi le affermazioni di Landini, Spero di vedere una sinistra di opposizione che sappia unirsi in questo momento grave. In questo momento immagino la Meloni che ringrazia tutte e tutti i deputati e senatori. Grazie

Luigi Morelli

 

Tirarsi fuori un folle riflesso condizionato

Cari amici del Manifesto, a leggere la maggior parte delle lettere di questi giorni sembriamo davvero “un eterno asilo nido di incorreggibili bimbi litigiosi che si contendono i pochi giocattoli rimastigli”. I processi alle intenzioni si sprecano e la tentazione del “io non ci gioco più” è fortissima ma tirarsi fuori (con Speranza dentro e non solo) mi pare un folle riflesso condizionato vista anche l’irrilevanza a cui ci si è ridotti a sinistra del Pd. Il provare a spingere gli equilibri politici in direzione di quell’ecologia integrale di cui ci parla soprattutto (per certi versi paradossalmente) Francesco e che tiene insieme valori di sinistra e ambientalismo, mi pare valga ben una messa. Elly Schlein docet.

Roberto Cerchio, Torino

 

Io sto con Sinistra italiana

Esprimo il mio forte sostegno alla scelta dei compagni al congresso di Sinistra Italiana. Troppi tecnocrati in questo governo! L’unico nostro parlamentare che ha fatto la scelta giusta è Nicola Fratoianni. Gli altri non li capisco proprio anche perché il congresso ha votato a grande maggioranza e loro sono iscritti come me. Comunque noi non espelliamo nessuno come invece fanno i nostri amici del movimento 5 Stalin o 5 Stalle che dir si vogliano. Grazie compagni del manifesto per il vostro impegno quotidiano. Continuo a comprarvi tutti i giorni da 11 anni.

Ing. Gianfranco Mazzeo, Torino

 

Sono molto contrastato

La nascita del governo Draghi suscita in me considerazioni contrastanti. Da una parte lasciare la gestione della massa di soldi in arrivo dall’Ue (perché di questo unicamente si tratta, dopo che il bistrattato Conte era riuscito nell’impresa) in mano a tecnocrati e centro-destra sarebbe stato estremamente pericoloso per il futuro di questo Paese. Dall’altra non è chiaramente digeribile, per chi come me si ritiene saldamente di sinistra, un governo formalmente tecnocratico ma sostanzialmente politico e di destra per il profilo del suo Presidente e per il suo ecumenico programma denso di silenzi.

E contrari a questi governo ci sono due opposizioni: una visibilissima (Fd’II) e l’altra invisibile (partiti a di sinistra fuori dal Parlamento, movimenti sociali, associazioni della società civile). L’una dispone dello scranno che permette di amplificare lo starnazzamento su tutti i media mainstream.

L’altra ha solo piazze fisiche e virtuali di presenza che poco possono sull’opinione di un Paese ignorante e teledipendente come il nostro. L’una avrà presidenze di Commissioni parlamentari, l’altra al massimo l’attenzione di qualche minuto di TG secondari per manifestazioni davanti al Parlamento o tantissimi virtuali like sulle proprie pagine social. Allargare e includere nel blocco progressista tutte le realtà a sinistra, ascoltare le ragioni delle opposizioni da sinistra, unire gli sforzi per la ricostruzione di una sinistra di popolo forte e determinante.

Il Pd, Leu e anche M5S dialoghino con la opposizione di sinistra (…): questa è una fase storica fondamentale per la ricostruzione del Paese e tutta la sinistra deve contribuire da ogni singola posizione con le proprie idee per convergere ed evitare nuove macellerie sociali ed economiche.

Danilo Marini, Roma

 

Sarà un Vietnam intestino

La composizione del Governo Draghi ci dice che questi mesi rischiano di trasformarsi in una logorante guerra di posizione, un “Vietnam” in cui le forze di ispirazione progressista che hanno dato la loro sofferta disponibilità a far nascere l’esecutivo per spirito di responsabilità, rischiano l’osso del collo. Ora ad esse tocca definire una strategia comune, nella giungla parlamentare devono scegliere tra la resa incondizionata o la difesa delle conquiste più avanzate dell’esecutivo precedente.

La destra torna furbescamente nella stanza dei bottoni, ha saputo giocare meglio di altri le proprie carte, facendo politica nel senso più basso del termine ma esprimendo evidentemente un maggiore potere di contrattazione e di persuasione. dunque, il “pessimismo della ragione” ci suggerisce di preparaci al peggio. Vedremo se nella società e magari finalmente nella Politica (con la P volutamente maiuscola), ci sarà anche spazio per “l’ottimismo della volontà”.

Andrea Sarti, Lucca.

 

A proposito di transizione digitale

Mai come in quest’ultimo anno sono stato fiero della mia ventennale militanza presso le vostre “fila editoriali”. Tra i mille argomenti ne scelgo, per limiti di spazio, solo uno, quello della transizione digitale promessa dal nuovo governo, e riguarda la mia condizione materiale, la mia “struttura” – marxianamente parlando: il cambio di paradigma del lavoro nel comparto dei servizi. Sono un lavoratore dell’Information Technology e sto assistendo da un anno ad una selvaggia trasformazione del mio lavoro. I datori di lavoro – piccoli o multinazionali che siano – dopo avere per anni boicottato il lavoro da remoto, costringendo da sempre torme di impiegati a diaspore quotidiane più o meno tollerabili (per sfiducia nella deontologia del dipendente, smania stupida di controllo e difesa della produttività che ne sarebbe stata pregiudicata), con una giravolta senza pudore sono diventati nel giro di pochi mesi (spesso di pochi giorni!) i più fervidi promotori del lavoro a distanza.

Ne stanno magnificando le virtù e omettendo ca va san dire tutti i problemi di alienazione che si stanno abbattendo sulle esistenze di milioni di lavoratori digitali nel mondo. Hanno verificato de visu che la tecnologia “neutra” è strumento di pressione e a volte di tortura ben maggiore di quella messa in atto dai capetti che negli organigrammi aziendali (sempre più anche in quelli della P.A.) sono piazzati nei posti chiave per controllare il comportamento dei dipendenti. Stanno proliferando testi e interventi di vario genere sul tema (vedi il grande Bifo, di cui si parla nelle vostre pagine). Capisco che sotto i riflettori ci sono così tanti temi, ma provare a entrare più a fondo in questa emergenza credo sia urgente. Un abbraccio

Fabrizio

 

Non chiamiamolo buon compromesso

Accolgo volentieri l’invito, anche se sono un abbonato dell’ultima ora. La politica, proprio perché spesso è priva di partiti intesi come luoghi e strutture organizzative, non riesce ad esprimere un governo e quindi eccoci con un un governo anonimo anche se fortemente improntato e indirizzato, purtroppo in una direzione che è sempre la stessa: il capitalismo. Un capitalismo che sempre sa mimetizzarsi agli occhi dei più, dispensando benefici qua e là, ma soprattutto facendo il proprio esclusivo interesse, ovvero pochi e sempre più ricchi, tanti e sempre più poveri. Questa è una poesia che conosciamo bene ed è più che evidente che non funziona, ma spesso non lo riconosciamo fino in fondo, anzi diciamo che tutto sommato, è un buon compromesso.

Pierluigi Del Torchio

 

Conte 2 non andava bene, ma così arretriamo di più

Questo nuovo governo non è una restaurazione solo perché quello che ha sostituito non è stato rivoluzionario. Un arretramento però c’è stato e nemmeno di poco. Draghi è un uomo del vecchio ordine pre 2008 non è “testimone delle ferite della globalizzazione” (Repubblica oggi) ma ne è stato un attore e a differenza di Biden non ha nemmeno preso 80 milioni di voti: come possa in questo modo da questa biografia nascere il nuovo necessario è un mistero; senza contare le altre innumerevoli contraddizioni di questa nuova fase: dal riformismo-wahabita dei centristi (non a caso l’ apertura della crisi è stata um atto di jihadismo politico) alla base reazionaria incarnata da Giorgetti e “gli imprenditori del nord” e mi fermo qui. Insomma quanto dice Pieranni sul Manifesto a proposito del rapporto Usa-Cina vale anche per i nostri draghientusiasti: non basta dire siamo tornati, il mondo è cambiato. Se fossi stato in parlamento non avrei votato la fiducia

Andrea Ricci

 

Il mercato si è mangiato i partiti, e i partiti si sono adeguati

Nel Manifesto del 20 febbraio Pier Giorgio Ardeni ha chiaramente diagnosticato il motivo per cui la politica è arrivata al punto, basso, di oggi: la scomparsa dei partiti. Appare quindi molto arduo esprimersi a favore o contro il governo Draghi. Al suo posto poteva essere chiamato qualcun altro, ma la direzione non poteva essere che questa: quando si cade si può andare soltanto in basso. Ma perché i partiti sono scomparsi? Di qualunque colore fossero, erano l’espressione di comunità che si riconoscevano in visioni del mondo, della società, dell’economia, giusto per citare categorie generali. Per molto tempo queste comunità sono state definite come classi, in competizione tra di loro: borghesia, proletariato e così via. Le classi sono sparite, insieme al senso di appartenenza ed alla cultura che davano loro coerenza. Questo processo di disgregazione prosegue da decenni. Già negli anni 40 la teoria critica di Adorno e Horkheimer mostrava come il processo di mercificazione del mondo occidentale stesse trasformando anche gli esseri umani in merce, inducendoli a identificarsi nella merce che non potevano fare a meno di acquistare. Il mercato si è mangiato i partiti, e i partiti si sono adeguati: la politica è diventata merce. E purtroppo la merce non è né di destra, né di sinistra. Dalla merce ci si può però liberare: innanzitutto iniziando a pensare e a condividere il proprio pensiero.

Cesare Maffei, Milano

 

Riforme

Prima di commentare Draghi, vorrei rispondere ad alcune considerazioni lette. Rispondo a Pierino Rossini di Pioltello che scrive “…dopo la scellerata operazione dell’avventuriero Renzi che ha portato alla caduta del governo Conte 2..” Se Lei, sig. Rossini, leggesse bene i dati economici e i risultati conseguiti dal governo Conte, si renderebbe conto che il Paese stava andando verso il baratro. Non sto a dilungarmi nell’elencare i dati causa l’immobilismo e perdite di tempo prezioso x la risoluzione dei problemi. Renzi e I ministri di Italia Viva erano mesi che portavano sul tavolo di Conte proposte concrete da sottoporre al vaglio del Consiglio dei ministri. Ma non vennero ascoltati e neanche presero in considerazione le proposte avanzate. Allora, penso che la “scellerata operazione” sia stata quella di sottovalutare le richieste dei ministri proponenti. Se oggi troviamo Draghi, è per l’operazione occulta che ha voluto fare Conte, coadiuvato da tecnici da lui scelti, relativo al progetto Recovery plan tenendo all’oscuro ministri e Parlamento. Non entro nei particolari , altrimenti riempio tre pagine. E comunque stimo Conte come uomo, meno esperto come politico. Il Recovery è uno scambio: ci danno soldi se facciamo riforme. Da questo punto di vista la leadership di Draghi è un’assoluta garanzia. E come se avessimo fatto un’assicurazione sulla vita. Ci saranno riforme, altrimenti non arriveranno le risorse europee».

Amedeo Fiocchi

 

“Ogni banchiere (cuoca nell’originale) deve imparare a governare lo Stato”

Parafrasando Lenin si possono commentare sia il presente che il passato governo. Nei governi Conte si era raggiunto, nelle incompetenze, il paradosso, mentre il governo Draghi è pieno di molti esperti, che però non sanno quanto costa un chilo di fettine. La cuoca leninista lo sapeva certamente. Stranamente Draghi, uomo che legittimamente mira al colle, per avere l’incarico, si è servito di una di una “mosca cocchiera”, che finalmente trova ristoro sugli opulenti cavalli arabi. In fondo, rispetto al precedente, il nuovo governo sarà forse più politico, stanti le grandi capacità di mediazione dell’ex capo di Bankitalia e BCE. Difatti nella sua biografia è da notare la nomina a segretario generale del Tesoro, era come avere Agnelli presidente dell’Inter, stante la secolare guerra tra Banca d’Italia e Ministero del Tesoro, guerra che con Draghi ebbe fine, mettendo pure d’accordo la finanza “laica” con quella cattolica (oggi in parte leghista). Non si sa, però, quali benefici ebbe il presidente, andando a “risciacquare i panni in Wall Street” (adesso tocca a Manzoni), visto che l’acqua (ah! la liquidità…) di Goldman Sachs non risultò tanto trasparente. Parafrasando (e tre!) Voltaire (meglio la parafrasi che la perifrasi) affermiamo: “Questo è il miglior presidente possibile!” A cui spetta un ingrato compito, che non è solo quello economico degli euro della “Next generetion UE”. Il compito politico molto gravoso è quello di “ricucire” la coscienza del paese e il territorio; dovrà “ristorare” gli egoismi ed i sovranismi, che covano sotto la cenere dell’odierno consenso unanime. Speriamo che la formazione cattolica di super Mario, non farà dimenticare gli esclusi, che altrimenti, prima o poi, troveranno in Italia (e in Europa) il loro Trump. O peggio, in tutta Europa, avranno l’unica alternativa nella criminalità. Che è ancora un problema, all’ordine del giorno (?).

Francesco Nicolosi Fazio

 

Poche alternative

Un governo di unità nazionale rappresenta una anomalia, dovuta al fatto che il parlamento non ha saputo esprimere una solida maggioranza e per evitare, in un momento di pandemia, lo scioglimento delle camere. Il quesito da porsi è se l’iniziativa di Renzi abbia tolto di mezzo un’esperienza interessante o inutile o dannosa per la sinistra: l’alleanza 5 stelle pd leu. A mio modesto parere essa era interessante nella misura in cui era alternativa al centro -destra sia come capacità di governo che come azione politica. Forse, col trascorrere del tempo e il consolidarsi del legame, avrebbe potuto mettere in campo anche una più precisa visione strategica di lungo periodo. C’e’ di meglio? Io vedo poche alternative in giro. Probabilmente la pensa così anche Renzi e chi, per lui, sta cercando di affossarla. Le prime mosse del governo Draghi sono state, invece, di continuità: confermati larga parte dei ministri uscenti, confermato il next generation Eu finora scritto, tolto di mezzo il mes, riconferme in materia sanitaria ecc. Certo Draghi non farà quello che avrebbe fatto Conte ma, sicuramente, terrà in considerazione quanto proposto dalla maggioranza che lo sostiene. Ora, uscire da quella maggioranza, vuol dire fare un bellissimo regalo alle destre (e a chi le sostiene). Vuol dire disperdere tutto quello fatto fin’ora e sopratutto, una volta che la pandemia sarà finita e l’economia sarà ripartita, vuol dire lasciare il merito a chi, con spregiudicatezza, sarà rimasto dalla parte di Draghi, senza meriti. Io capisco tutte le difficoltà, il rifiuto coscienzioso di chi si vede ridimensionato e si trova alleato di gente impresentabile ma questo non è il governo di Forza Italia o della Lega. E’ il governo di Draghi, dell’Europa, del Ppe e dei socialisti europei. Essere alleati di Biden è cosa diversa dall’essere alleati di Trump. E a chi obietta che questa non è sinistra io dico: cosa c’è di meglio? Le migrazioni non si fermano se non cambiano equilibri di lungo periodo. La concentrazione della ricchezza, l’espulsione di mano d’opera, lo spreco, pure. Keynes, oggi, è già tanta roba.

Franco Marchesi, Stradella