Riusciranno gli europei a vincere la battaglia contro il glifosato e più in generale contro l’uso e abuso di pesticidi in agricoltura e nella manutenzione del verde, adottando una «strategia di insieme» come proposto dal ministro francese della transizione ecologica, Nicolas Hulot?

IERI, A BRUXELLES c’è stata una vittoria tattica: per la settima volta negli ultimi 18 mesi, i 28 stati Ue non sono di nuovo riusciti a raggiungere una maggioranza qualificata (55% degli stati e 65% della popolazione) per un accordo su tempi e modi per il rinnovo dell’autorizzazione del glifosato, il pesticida più usato al mondo, componente del celebre Roundup di Monsanto (ora di Bayer). Francia e Italia hanno guidato il fronte del rifiuto, contro 14 stati (Gran Bretagna e Spagna in testa) che hanno aderito all’ultima proposta della Commissione per un rinnovo di 5 anni (Bruxelles aveva già rivisto a ribasso le intenzioni, partite da un rinnovo di 10 anni, che alcuni stati membri avrebbero addirittura voluto per 15 anni). La Germania per il momento mantiene l’astensione, anche se i Grünen stanno facendo del glifosato un casus belli nella trattativa in corso per formare il nuovo governo Merkel.

Adesso, i margini di manovra sono stretti, perché la scadenza dell’autorizzazione del glifosato è il 15 dicembre e Monsanto ha già minacciato rappresaglie: in mancanza di una decisione formale che comporterebbe un blocco brutale nell’utilizzazione, la multinazionale sporgerà una denuncia alla Corte di giustizia della Ue per non rispetto dei tempi di risposta previsti dalla legge. La Commissione è alle corde, in grande difficoltà, perché le tocca decidere in ultima istanza e quindi addebitarsi le responsabilità di una scelta impopolare e contraria alla petizione a favore di una messa la bando del glifosato firmata da milioni di cittadini. Sul fronte dei difensori dei pesticidi ci sono le potenti organizzazioni agricole, che non hanno nessuna intenzione di rinunciare a un pesticida a basso costo, in mancanza di sostituti idonei. Hulot per questo ha messo in guardia: «Se ci accontentiamo di proibire una molecola, sarà sostituita da altre» (come il sulfoxalor, contro il quale c’è già un movimento di protesta).

SOLO IN FRANCIA, nel 2016 sono state usate 8mila tonnellate di glisofato. Nella Ue il glifosato rappresenta un mercato di un miliardo di euro l’anno. Un «comitato d’appello» dovrebbe venire riunito entro fine mese-inizio dicembre a Bruxelles, non più tra esperti, ma tra delegazioni di «alto livello», cioè con una colorazione più politica.

IL PARLAMENTO EUROPEO, il 24 ottobre, aveva votato a favore di un’«estensione» dell’autorizzazione attuale, per 3 anni che saliranno a 5 per permettere di finire le scorte. L’importante però è evocare chiaramente un’uscita programmata dai pesticidi, elemento-chiave che manca ancora nel testo della Commissione.
Ieri, soddisfazione di Hulot (che ha già dovuto ingoiare molti rospi, l’ultimo l’ammissione che la Francia non potrà ridurre la dipendenza dell’elettricità dal nucleare dal 75% attuale al 50% entro il 2025 come promesso): «Grazie alla nostra opposizione, il glifosato non sarà riautorizzato per 10 anni né per 5, la mobilitazione per uscire dai pesticidi continua». Per la ministra lussemburghese, Carole Dieschborg, la prima ad aver dato la notizia del voto andato in bianco, «è un buon risultato per la salute e l’ambiente».

MONSANTO UFFICIALMENTE ha dovuto dichiarare di aver speso 400mila euro in lobbying a Bruxelles per difendere il glifosato. Ma l’ong Corporate Europe Observatory ha sporto denuncia, perché ritiene che la cifra salga almeno a 910mila euro, senza contare la partecipazione della multinazionale ad ameno 6 organizzazioni che fanno lobby e che ha omesso di dichiarare nel Registro apposito della Commissione. Monsanto, per ammissione degli stessi esperti Ue, ha fornito la documentazione su cui si sono basate le agenzie europee – Esfa (sicurezza alimentare) e Echa (prodotti chimici) – che hanno rifiutato la posizione del Circ (Centro internazionale di ricerca sul cancro, agenzia Onu), che ha classificato il glifosato come «cancerogeno probabile» per l’uomo. Ma nella Ue la legislazione dice chiaramente che un «cancerogeno probabile» deve essere proibito.