Potrebbe cominciare martedì pomeriggio in commissione al senato la maratona sulla legge elettorale. L’obiettivo è ottenere il via libera definitivo dell’aula entro la settimana successiva. C’è poco spazio per i voti segreti (solo quelli che riguardano le norme a tutela delle minoranze linguistiche) ma il Pd è orientato a chiedere ancora al governo di porre la fiducia, per bruciare i tempi e azzerare il dibattito sugli emendamenti. In questo caso, però, la non partecipazione al voto sulla fiducia di Lega e Forza Italia (che così hanno fatto alla camera perché appoggiano la legge ma non il governo) diventerebbe un problema. Le sole forze di maggioranza contano infatti su 161 voti, che è la maggioranza assoluta ma anche il numero legale al di sotto del quale le votazioni non sono valide. Decisivo potrebbe essere il gruppo di Verdini (che alla camera sulla fiducia si è astenuto, ma l’astensione al senato vale voto contrario). Non è escluso che ai già poco entusiasti senatori di Forza Italia sarà chiesto di concedere qualche voto di fiducia a Gentiloni. Altrimenti per il resto delle opposizioni, M5S e sinistra, la strategia migliore sarebbe anche la più semplice: non rispondere alla chiamata assieme a berlusconiani e leghisti e far mancare il numero legale.
Intanto non è bastata la vittoria a Montecitorio per cacciare i cattivi pensieri dalle teste dei preoccupati parlamentari Pd. Vediamo due ragioni di inquietudine.

La scheda. Il Rosatellum alla camera prevede una minoranza di seggi (232) assegnati con l’uninominale (vince chi prende più voti) e una maggioranza (386) assegnati con il sistema proporzionale a liste bloccate. Stessa percentuale, un terzo uninominale, due terzi plurinominale, al senato: 109 e 200 seggi. La scommessa di Renzi è che la parte più piccola possa mangiare quella più grande. Perché la campagna elettorale e gli elettori di conseguenza dovrebbero concentrarsi sulle sfide nei collegi, favorendo alla fine un candidato con possibilità di vittoria. La trasposizione automatica e obbligata del voto dall’uninominale alle liste – è vietato il voto disgiunto – farebbe il resto. Aumentando i consensi, è questo il piano, per il centrodestra al nord e per la coalizione attorno al Pd nel centro e al sud. È il meccanismo del voto utile, che dovrebbe far perdere voti alla sinistra non alleata con il Pd e soprattutto ai 5 Stelle perché privi di candidati in grado di competere nei collegi.

Non mancano piccoli e grandi trucchi per aiutare la riuscita del piano. Come il meccanismo che abbiamo paragonato a quello dell’otto per mille nella dichiarazione dei redditi, perché prevede che nel caso in cui l’elettore tracci il segno solo sul candidato nel collegio uninominale, ciascuna lista che lo sostiene riceva una frazione di voto in proporzione ai suoi consensi diretti (così come la Chiesa cattolica incassa la maggior parte degli otto per mille di chi non ha fatto la sua scelta). La medesima ripartizione percentuale all’interno della coalizione (è un altro trucco) è prevista per i voti dei partiti fermi tra l’1% e il 3% che non possono avere eletti propri. Sulla scheda, in un rettangolo, sarà indicato il nome del candidato nel collegio uninominale. Immediatamente al di sotto ci saranno le liste che lo appoggiano e che corrono per l’assegnazione dei seggi nella parte proporzionale. La parte superiore sarà piccola e stretta, perché non è previsto un simbolo della coalizione. La parte inferiore sarà più grande e conterrà i simboli dei partiti, riconoscibili per l’elettore, con accanto i nomi dei (massimo quattro) candidati nel listino bloccato. Il simbolo del Movimento 5 Stelle sarà da solo, e assai più visibile del nome del candidato nel collegio. Dunque l’elettore grillino potrebbe non farsi distrarre dalla sfida uninominale e mandare a monte i piani di Renzi.

Lo slittamento. Un altro problema per chi sta negoziando un posto in lista riguarda lo slittamento degli eletti da un collegio (o addirittura da una circoscrizione) all’altro. Che rende difficilissime le previsioni. Lo slittamento sarà possibile quando un partito – per via delle pluricandidature e del recupero dei voti altrui di cui abbiamo parlato – conquisterà più di quattro seggi nel collegio plurinominale. È il fenomeno, già visto con il Mattarellum, delle liste bloccate troppo corte. Il Rosatellum non lo esclude, anzi lo prevede introducendo una complicata serie di passaggi per «riempire» i seggi, compreso il recupero dei candidati perdenti all’uninominale (alla faccia del principio maggioritario). Troppo complicata, tanto che il deputato Mdp D’Attorre ha notato un errore nel rimando tra commi all’articolo 1 che richiederebbe una necessaria correzione al senato. E quindi un nuovo passaggio alla camera. A meno di un pesante drafting degli uffici di Montecitorio.