Giorgia la ha spuntata. Il ministro dell’Economia si è arreso ieri pomeriggio annunciando la sostituzione del direttore generale Alessandro Rivera, in carica dal 2018 e al momento uomo chiave nei rapporti con la Bce, con Riccardo Barbieri Hermitte, 64 anni, responsabile del dipartimento del Tesoro che si occupa dell’analisi economica finanziaria, una vita passata nelle grandi banche d’investimento, da J.P. Morgan a Morgan Stanley.

Il braccio di ferro durava da settimane ma la premier è stata irremovibile nell’imporre l’avvio di un vero e veloce spoils system. Per Giorgetti non si è trattato però di una sconfitta umiliante: dimostrandosi più diplomatica e accorta di quel che si poteva immaginare la premier ha tenuto duro ma anche trattato cercando una mediazione onorevole per il ministro. La ha trovata accettando la formula di una sostituzione interna con un dirigente a sua volta molto stimato e apprezzato dal ministro ma soprattutto a Francoforte. Proprio i legami tra Rivera e la Bce erano la ragione per cui, alla vigilia di una fase di estrema delicatezza in Europa confermata dall’attacco frontale del premier olandese Rutte di ieri, Giorgetti avrebbe preferito mantenerlo al suo posto. Barberi offre però da quel punto di vista altrettante garanzie.

Incluso nella mediazione anche il pacchetto complessivo delle nomine in via XX settembre, con la conferma di Biagio Mazzotta alla Ragioneria centrale dello Stato e l’arrivo di Ilaria Antonini all’Amministrazione generale del personale e dei servizi. È però possibile che la trattativa si sia svolta su più tavoli. Di certo le nomine sono state uno degli argomenti affrontati nel vertice di mercoledì a palazzo Chigi, anche se con autonomia differenziata e presidenzialismo non c’entravano molto.

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Le due questioni, così distanti, potrebbero invece essersi intrecciate. La Lega aveva disperatamente bisogno di segnare un punto nella partita sull’autonomia e il comunicato che, pur senza impegnarsi sulle date, annuncia l’imminente varo del ddl governativo sull’autonomia è senza dubbio un passo avanti per Salvini. La premier aveva altrettanto bisogno di chiudere la partita dello spoils system entro la data fissata per legge del 24 gennaio. Nel clima di mercanteggiamento a tutto campo che si sta imponendo nella maggioranza, con presidenzialismo, autonomia, Mes e giustizia trasformate in merce di scambio, non è affatto escluso che nelle trattative siano entrate a gamba tesa anche le nomine.

Il Tesoro non è il solo ministero destinato a vedere modificata la tolda di comando. Sostituzione imminente anche alla Segreteria generale degli Esteri. L’ambasciatore Ettore Francesco Sequi, nominato da Di Maio nel 2021, sarà rimpiazzato da Riccardo Guariglia, oggi ambasciatore a Madrid ma in precedenza capo di gabinetto del ministro Moavero Milanesi nel governo Conte 1.

Il cambio della guardia alla Farnesina è quasi indolore. Non si può dire altrettanto del ministero della Sanità dove il repulisti della squadra di Speranza è in fase già avanzata. Manca la casella più importante, quella del segretario generale ma la sorte dell’attuale segretario, Giovanni Leonardi, molto vicino al precedente ministro, è segnata anche se ancora non si sa chi prenderà il suo posto. Ma l’avvicendamento riguarderà molti altri dicasteri: dallo Sviluppo economico all’Istruzione alla Giustizia.

Le modifiche ai vertici dei ministeri, nei prossimi giorni, concluderanno una fase preparatoria ormai lunga pur se giustificata dall’anomalia delle elezioni svoltesi in settembre, a ridosso della manovra. Poi Giorgia Meloni dovrà cominciare a governare davvero.