Talvolta il valore di un artista si misura nella dimensione che assume la sua carriera anche ad un solo anno dalla scomparsa. Gianmaria Testa è uno di questi artisti: e da quel 30 marzo del 2016 un solo anno è passato e la sua figura nel panorama musicale italiano – non scordando le difficoltà avute all’inizio nonostante la Francia l’avesse già scoperto e coperto di elogi – non pare essere caduta in quell’oblio mediatico che una società come la nostra, dalla comunicazione troppo affrettata, spesso lascia in eredità a chi non si è rassegnato, tra amici (tanti) e fan (tantissimi), a non sentir più le sue canzoni, la sua voce, la sua umanità.

Che non sono parole per Testa spese a caso (Erri De Luca docet). Anzi, tutt’altro come ha dimostrato il documentario Dalla parte di Gianmaria, trasmesso da Sky proprio nel giorno della luttuosa ricorrenza, e nell’uscita in doppio cofanetto dell’opera integrale registrata «en studio» e «live» in venti e più passa anni di attività: 10 album per 11 cd, da Montgolfières del 1995 al doppio dal vivo Men at Work del 2013.

Poi ci fu il tragico decorso della malattia e l’uscita postuma di Da questa parte del mare, romanzo sulle migrazioni (previsto l’adattamento teatrale con Giuseppe Cederna il 27 e 28 aprile al Teatro Modena di Genova), gemmato dall’omonimo album, vincitore della Targa Tenco nel 2007, che s’intrecciava necessariamente con una forte componente autobiografica, cifra imprescindibile per bussare ed entrare da protagonisti nell’ascolto del microstorico universo del cantante delle Langhe.

Quasi fosse un’apertura ulteriore, un «sequel» per i nomi e temi ricorrenti con il disco che l’ha preceduto: Altre latitudini che, in incidenza sull’attualità, contiene anche ’na stella che riascoltata a pochi giorni dalla scomparsa del suo autore, Fausto Mesolella, non fa che allargare la commozione di aver perso un altro componente di quella grande e magnifica famiglia della canzone italiana, meno considerata e tenuta sotto l’occhio imperscrutabile dei media ed invece esaltata ed approfondita dal senso dell’ascolto. Infatti, proprio l’ascolto senza soluzione di continuità del Tutto Testa iscrive il cantautore in una linea ben precisa, geograficamente trasversale, accomunata dalla passione, qualche volta smodata, per la musica popolare del ‘900.

Musica europea, brasiliana, d’importazione jazz, più del periodo aureo che delle tante avanguardie, dialettale con tutti i distinguo del caso che parte, stretta all’osso, da Paolo Conte attraversa Fossati, la «famiglia» degli Avion Travel ed arriva a Capossela, trovando ultime consonanze ed è opinione personale con le canzoni-racconto di Brunori sas.