C’era una volta il G8 o il G7 (senza la Russia). Ora c’è il G20. Le conclusioni del summit del G20 in India non lasciano molti dubbi. La road map per una ridefinizione geo-politica globale su scala multipolare, con buona pace degli Usa, è stata oramai avviata. È l’ultimo di una serie di avvenimenti che hanno segnato questa estate.

INIZIA LA CINA: con la crisi immobiliare del colosso Evergrande viene messa a nudo la difficoltà dell’attuale congiuntura economica cinese, con il rallentamento nella crescita del Pil e dell’export e l’inizio di un processo deflattivo, che va a colpire in particolar modo il ceto medio. Le possibili ripercussione sui mercati finanziari globali, nonostante molti allarmi, al momento non sembrano essere elevate. L’intervento del governo cinese, con una politica monetaria espansiva, sembra per il momento aver funzionato anche se la fragilità della crescita cinese sembra oramai assodata.

In questo clima dal 22 al 24 agosto, si è svolto il summit a Johannesburg dei Brics, i paesi ex emergenti oramai diventati potenza economica mondiale, che ha stabilito le linee guida del G20 indiano. Siamo di fronte a un cambio di prospettiva. Se fino a qualche decennio fa erano gli Stati Uniti e il G7 (e il Washington Consensus), con i passivi e fedeli alleati europei, a stabilire l’odg del G20, ora sembra essere l’opposto.

IN QUESTO CONTESTO, si è anche parlato della possibilità (poi formalmente smentita da Cina, India e Brasile) di poter immaginare una moneta comune in grado di concorrere con il dollaro come valuta di scambio internazionale. I mercati creditizi – finanziari rappresentano oggi l’ultimo terreno in cui l’egemonia Usa può ancore ritenersi sufficientemente salda. Il terreno della logistica e della penetrazione commerciale non è più a traino Usa. La Cina e l’India e ultimamente Brasile e Sud Africa hanno fortemente ampliato le proprie sfere di influenza a livello globale e sul piano degli Investimenti Diretti all’Etero (IDE) e della ricerca tecnologica, la Cina, in primo luogo, ha acquisito la supremazia mondiale.

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POCHI GIORNI DOPO il summit Brics (28 agosto) si è tenuto a Jackson Hole (Usa) un incontro strategico delle tre principali Banche Centrali del capitalismo avanzato a trazione Usa (Fed, Bce, Bank of England). Quasi un confronto a distanza. Si è deciso di confermare una politica di alti tassi d’interessi con la scusante di un’inflazione ancora troppo elevata. In realtà, (con buona pace della fuorviante dialettica tra falchi e colombe che tanto piace alla nostra stampa mainstream) l’obiettivo di tale politica è ben altro e rappresenta un’implicita risposta ai Brics: la decisione di mantenere alti, se non aumentare ulteriormente, i tassi d’interesse è finalizzata a mantenere elevato il valore del dollaro e confermarne il primato (condizione, anche, necessaria per far fronte all’indebitamento interno ed esterno dell’economia Usa). E già gli effetti si fanno sentire, vista la recente rivalutazione del dollaro nei confronti dell’Euro.

MA FINO A QUANDO tale politica potrà reggere, dal momento che si riscontrano i primi effetti recessivi, soprattutto in Europa, causati da tale politica monetaria restrittiva?

NON È UN CASO che tale iniziativa venga accompagnata dai moniti della Segretaria del Tesoro, Yanet Yellen, affinché i paesi alleati (oggi accomunati nel fronte anti-Russia) utilizzino come basi di subfornitura nelle catene internazionali del valore solo quei territori che si sono affrancati o sono liberi dall’influenza economica cinese. È in questa prospettiva, che si spiega il servizievole dietrofront dell’Italia rispetto agli impegni presi dal governo Conte con la Cina a proposito della nostra partecipazione al progetto della “Via della seta”. Contemporaneamente l’amministrazione Biden ha siglato un’intesa con l’India e l’Arabia Saudita con l’intento di creare un corridoio commerciale alternativo lungo la rotta medio-orientale e asiatica.

TUTTAVIA, OCCORRE notare che pochi giorni prima dell’inaugurazione del G20, nonostante gli impegni da padrone di casa, il leader indiano Modi ha partecipato a Giacarta al vertice Asean (Associazione delle nazioni del sud-est asiatico), incontrando il primo ministro cinese Li Qiang per ribadire la priorità del non allineamento dei paesi asiatici rispetto all’economia Usa. Quasi a correggere una posizione che poteva apparire troppo sbilanciata a favore degli Stati Uniti nell’organizzazione del G20.
E gli Usa hanno poco da rallegrarsi.