Condivido pienamente quanto scrive Corrado Oddi («Funzione pubblica del sindacato», il manifesto, 3 settembre) a proposito della sbandierata “riforma” governativa della pubblica amministrazione. Nell’articolo si analizza anche criticamente una certa passiva rassegnazione del sindacato stesso, della Cgil e, in particolare, della Funzione pubblica Cgil, denunciandone una regressione culturale e politica e un infecondo rinchiudersi difensivo nel proprio “mestiere contrattuale” (senza contratti, peraltro).

Non c’è – almeno fra di noi di un certo mondo – chi non comprenda le difficoltà nelle quali si trova oggi il sindacato (e la Cgil in particolare), sotto l’assedio della crisi e della sbrigativa pretesa di questo governo di rimuovere l’impaccio della mediazione sociale.

E mi rendo ben conto della delicatissima situazione nella quale si trovano, in particolare, il sindacato della Funzione pubblica Cgil e gli altri sindacati del settore pubblico, costretti rapidamente a dimezzare i “distacchi” dal proprio posto di lavoro che hanno portato molti dipendenti pubblici a poter dare, in questi anni, il loro contributo a pieno tempo al lavoro nel loro sindacato. Misura decisamente negativa anche se è senso comune (e non del tutto infondato) che, in diversi casi, il ritorno di esperti quadri sindacali al recupero di un rapporto di conoscenza e di tutela diretta e più efficace dei diritti di lavoratrici e lavoratori nei luoghi dell’organizzazione di un lavoro spesso misconosciuto e sempre più precario, potrebbe costituire – a certe condizioni, oggi non garantite – un ritorno alle origini non in sé negativo.

Ma, francamente, anche io non riesco proprio a condividere il fatto che fra questi “ritorni” sia stato repentinamente disposto dal sindacato della Fp Cgil anche quello di Corrado Oddi. Non si tratta di una questione secondaria e di carattere personale.

In tutti questi anni, infatti, Corrado ha rappresentato al meglio proprio quel sindacato nella faticosa ricerca e nella pratica di un rapporto fortemente innovativo e inusualmente paritario con i movimenti per l’acqua pubblica e per i beni comuni; nell’impegno clamorosamente vincente del referendum del 2011 (continuamente e ancora prossimamente frontalmente sabotato); nell’organizzazione in Europa della campagna di Iniziativa dei Cittadini Europei (Ice) per sottrarre la gestione dell’acqua alle devastanti mercificazioni privatistiche in atto e, infine, nella ricerca e nella sperimentazione di un innovativo rapporto fra rappresentanza sociale e rappresentanza politica e delle pratiche di democrazia partecipativa, in Europa e, oggi, in Italia.

Per me è stato motivo di conforto e anche di orgoglio poter verificare che, soprattutto attraverso il suo intelligente e infaticabile lavoro, anche un pezzo significativo della Cgil fosse così intensamente impegnato su questa frontiera davvero strategica e ambiziosamente innovativa. E, con molti altri, ho pensato che anche quel sindacato – collocato proprio nell’incrocio strategico fra spazio pubblico, lavoro e diritti nella cittadinanza attiva – stesse conducendo questa sua coraggiosa e avanzata sperimentazione con analogo spirito di ricerca del nuovo e con qualche legittimo orgoglio, cercando di superare nel rapporto largo con soggettività, movimenti, associazioni, i permanenti rischi di isolamento e sconfitta che un ripiegamento tendenzialmente corporativo comporta. Evidentemente avevo sopravvalutato quell’orgoglio.

Corrado Oddi è stato fatto rientrare nel suo posto di lavoro originario. Come semplice iscritto al sindacato, e non più a pieno tempo, cercherà di continuare a dare il contributo della sua intelligenza e della sua intensa attività sul terreno vasto e inesplorato nel quale si è così efficacemente cimentato in questi anni. Ma mi pare altrettanto evidente che questa scelta del gruppo dirigente della Fp Cgil preluda anche ad un sostanziale, pratico arretramento e disimpegno rispetto a quella nuova frontiera.

Tornato Oddi nella sua Ferrara, qualcun altro lo sostituirà, a nome e per conto della Fp Cgil, nel rapporto con quei movimenti e con quei temi? Non pare proprio questa l’intenzione del sindacato. Altrimenti sarebbe stato più logico e congruo lasciare Oddi nella sua funzione così ben svolta e compiere, magari, un’altra scelta (nessuna di queste scelte è facile, lo capisco, ma si tratta, appunto, di valutare le priorità…) nel novero dei distacchi revocati. Né risulta che si sia seriamente tentato, da parte del sindacato, di consentirgli almeno di avere le condizioni minime per mantenere l’impegno e le relazioni che ha così bene garantito in questi anni, restando a Roma non più come “distaccato” a pieno tempo presso il sindacato stesso ma come pubblico funzionario presso un’amministrazione con sede nella Capitale, riducendo così il “danno”.

Forse qualche dirigente della Fp Cgil risponderà pubblicamente a questi interrogativi, consentendoci di capire meglio e, magari, di correggere un giudizio fortemente critico e anche piuttosto inquietante.