Con grande enfasi mediatica, il governo Renzi ha annunciato che è partita una nuova «riforma» della Pubblica Amministrazione. In realtà, siamo in presenza di un’operazione che ha un carattere, contemporaneamente, regressivo (come quella annunciata sulla scuola) e di pura immagine, mettendo insieme provvedimenti che riducono diritti dei lavoratori pubblici e sindacali, come il ricorso alla mobilità obbligatoria e la riduzione dei distacchi e dei permessi sindacali retribuiti.

Oltre a annunci generici, frutto più di un’ansia di dimostrare che «le riforme strutturali stanno partendo» piuttosto che di una reale volontà di intervenire sui nodi di fondo che impediscono alla Pubblica Amministrazione di svolgere un ruolo di volano per una nuova qualità dello sviluppo e socialmente efficace.

Quello che, invece, è rimasto maggiormente in ombra è come il sindacato ha affrontato, e in specifico la Funzione Pubblica Cgil, tale situazione. Al di là di alcune dichiarazioni di formale contrasto, in realtà siamo di fronte a una posizione di passiva rassegnazione all’impianto di tale controriforma della Pubblica Amministrazione. Che sta accelerando alcuni processi negativi che erano in corso già da tempo all’interno della Fp Cgil e che il processo di «riorganizzazione» interna derivante dal dimezzamento delle agibilità sindacali sta ulteriormente rafforzando. Per dirla in breve, non si può non vedere come venga avanti e rischi di diventare strutturale una mutazione del modello sindacale che si compone di chiusura autoreferenziale, restringimento del proprio ruolo e orizzonte di iniziativa e anche della propria democrazia interna. Non volendo essere generico e riferendomi in specifico all’esperienza della Fp Cgil, mi interessa evidenziare almeno tre questioni che disegnano fatti e scenari che, almeno per me, generano un dato di seria inquietudine.

Il primo è che, nei fatti, la Fp Cgil sta attuando scelte che rischiano, se non di farla ritrarre, perlomeno di rendere molto più evanescente il proprio impegno nel variegato e importante movimento per l’acqua pubblica. Ciò non solo è sbagliato in sé, perché così si svaluta quella che io ritengo essere stata una delle esperienze più feconde di questi ultimi anni di relazione tra esperienza sindacale e realtà dei movimenti e della cittadinanza attiva, ma lo si fa proprio in un momento in cui il governo – già con lo «SbloccaItalia» e in ogni caso con la prossima legge di stabilità – si appresta a dare un colpo mortale all’esito referendario di 3 anni fa, aprendo un ciclo di fortissime privatizzazioni dei servizi pubblici locali, per cui le aziende pubbliche partecipate dovrebbero ridursi dalle attuali 8000 a circa 1000.

Il secondo è che si dà una lettura assai riduttiva e alla fine inefficace del proprio ruolo contrattuale e della necessità di salvaguardarlo. Bisognerebbe interrogarsi seriamente sul perché ci si trova in un quadro per cui i lavoratori pubblici hanno i propri contratti nazionali bloccati da 5 anni e, come dice esplicitamente il Def e nonostante le smentite agostane di qualche ministro, vedranno questa situazione prolungarsi anche nei prossimi 2-3 anni. Non basta dire che ciò è il prodotto della linea dell’austerità che ci proviene dall’Europa e cui aderisce anche questo governo, al di là delle schermaglie tattiche e comunicative di Renzi. In realtà, in questi anni, la stessa Fp Cgil, e tutta la Cgil, non ha colto e si è mostrata subalterna a quest’attacco, ha subito la campagna di delegittimazione del lavoro pubblico, portata avanti almeno dai tempi del ministro Brunetta, non ha reagito sufficientemente all’operazione costruita di contrapporre lavoro privato e lavoro pubblico, e quest’ultimo ai cittadini.

Ora, con le scelte che si stanno compiendo, si continua e si approfondisce quest’errore. Si prosegue nel non rendersi conto che il recupero di un potere contrattuale nel settore pubblico può realizzarsi solo ricostruendo un nesso forte tra ruolo del lavoro, ruolo dell’intervento pubblico e rapporto con la cittadinanza, come nel passato la Fp Cgil ha saputo fare, negli anni ’90 legando fortemente l’idea della contrattazione con quella di un reale processo riformatore della Pubblica Amministrazione, e negli anni più recenti, teorizzando il tema fondante del rapporto tra valorizzazione del lavoro pubblico, affermazione dei beni comuni e espansione della partecipazione dei cittadini. Si ripiega su un’idea neocorporativa di modello di tutela e rappresentanza dei lavoratori pubblici, che lascia per strada un’idea di sindacato come soggetto generale per approdare a una cultura sindacale maggiormente simile all’associazione di interessi, destinata peraltro a non avere sbocchi con le attuali compatibilità politiche ed economiche e, invece, ad approfondire la crisi di rappresentanza della Cgil.

Infine – terzo punto inquietante – non posso sottacere che, anche nel processo riorganizzativo interno che è in corso a seguito del dimezzamento dei distacchi e dei permessi sindacali, si dà perlomeno l’impressione di mettere da parte voci che hanno espresso critiche e dissenso sulle scelte e sugli ultimi esiti congressuali compiuti dalla maggioranza della Fp Cgil e della Cgil. Stanno diventando ormai troppi i casi in cui il dissenso interno viene regolato per via amministrativa-burocratica, anziché con una discussione e una riflessione strategica di cui la Cgil ha sempre più bisogno, e di cui una sua riforma democratica è parte essenziale.
Una cartina al tornasole di tutt’e tre questi dati negativi è probabilmente rappresentata anche dal fatto che il sottoscritto, che ha rappresentato la Fp Cgil Nazionale all’interno del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua sin dalla sua nascita e che ha lavorato in questi ultimi dieci anni all’interno della Fp Cgil Nazionale sui temi dei beni comuni e del Welfare, viene coinvolto, per scelta del sindacato a seguito del processo riorganizzativo interno, nella perdita della propria agibilità e incarico sindacale a tempo pieno, rientrando nel proprio posto di lavoro originario al comune di Ferrara.

Ovviamente ciò non mi impedirà, anzi, di provare a dare il mio contributo all’iniziativa e alla riflessione strategica di cui ritengo la Cgil abbia necessità e su cui mi auguro che in diversi vogliano cimentarsi. Per quanto mi riguarda, ora lo farò come semplice iscritto alla Fp Cgil, attivista del movimento per l’acqua, militante politico interessato alla costruzione di una soggettività politica nuova per la sinistra italiana.