È l’eldorado dell’accoglienza che si fa business. La piccola provincia di Vibo Valentia è negli anni divenuta epicentro di una fitta rete di villaggi, residence e alberghi, trasformati in strutture estemporanee per migranti e richiedenti asilo. Il tutto esaurito nei vari centri è garantito per tutto l’anno con introiti milionari in controtendenza rispetto ad un’economia stagnante. Sono circa 1500 i profughi ospiti dei vari impianti, primato nazionale in relazione alla popolazione residente.

Ognuno di loro genera una diaria giornaliera di 33 euro (per i minori stranieri non accompagnati si va oltre i 45) che moltiplicati fanno oltre 50 mila al giorno. Un volume di affari di circa un milione e mezzo al mese che, inevitabilmente, potrebbe attirare gli appetiti della ‘ndrangheta. E per questo il monitoraggio delle forze dell’ordine, su impulso della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, è continuo e costante. L’allarme è tanto serio che ieri il prefetto di Vibo, Guido Longo, ha disposto di concerto con Anac e Viminale il commissariamento di tre centri di accoglienza straordinaria. Un provvedimento senza precedenti.

La decisione trae origine da una interdittiva antimafia scattata nei giorni scorsi nei confronti di due cooperative che gestiscono centri d’accoglienza a Briatico, la Monteleone Servizi e la Monteleone 3.0 protezione civile, entrambe fondate dall’avvocato (ed ex consigliere comunale Pd), Marco Talarico (che ha annunciato ricorso al Tar). Alla base del provvedimento, una serie di informative di polizia relative a rapporti commerciali con società e fornitori «controindicati» e alcune frequentazioni dei titolari delle cooperative con persone ritenute «a rischio». La prefettura vibonese contesta alle due cooperative l’acquisto di alcuni beni da società a loro volta destinatarie di interdittive antimafia oppure accusate da qualche collaboratore di giustizia.

Tali società  avrebbero così monopolizzato le forniture nei Cas. Gli altri «addebiti» sono relativi all’acquisto di materiale edile da un rivenditore di Vibo a sua volta destinatario di un’interdittiva, mentre acquisti di generi alimentari sarebbero state fatte da una catena di supermercati il cui titolare è stato imputato (poi assolto) nel processo Black money contro il clan Mancuso.