Economia

Fmi: «L’Italia risani i conti: tassare ricchi e immobili»

Fmi: «L’Italia risani i conti: tassare ricchi e immobili»Christine Lagarde, presidente del Fondo monetario internazionale

Il monito Dopo l’Ocse, anche l’istituto guidato da Christine Lagarde invoca una patrimoniale. Attenzione ai crediti deteriorati presenti nelle banche e a possibili rialzi improvvisi dell'inflazione

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 19 aprile 2018

Nel complicato rebus politico italiano si inserisce anche il monito del Fondo monetario internazionale, dispensato attraverso il Fiscal Monitor: non solo il nostro Paese dovrebbe assumere come faro il risanamento dei conti, ma tre le vie suggerite per drenare risorse c’è anche la tassazione di ricchezze e immobili. «La priorità – spiega l’istituto guidato da Christine Lagarde – dovrebbe essere l’avvio di un consolidamento fiscale credibile e ambizioso per porre il debito su un solido percorso discendente».

La base di questo processo – aggiunge l’Fmi riferendosi ancora all’Italia – dovrebbe essere «il taglio della spesa primaria corrente, il sostegno alle fasce più deboli, l’aumento degli investimenti e la riduzione del carico fiscale sul lavoro, con un ampliamento della base imponibile e uno spostamento» verso la tassazione delle ricchezze e degli immobili e dei consumi. Il Belpaese può seguire tre vie per perseguire l’obiettivo del risanamento, insiste ancora il Fondo monetario: «Può aumentare le spese di capitale, spostare la tassazione verso i ricchi e le proprietà e ampliare la base imponibile».

Il Fondo si accoda all’Ocse, che qualche giorno fa aveva concentrato la sua attenzione proprio sull’opportunità che l’Italia arrivi a introdurre una tassa patrimoniale sulle proprietà.

Tra le ricette per stimolare la crescita l’Fmi suggerisce anche di «puntare ad ampliare la forza lavoro aumentando l’accesso alla formazione e la partecipazione femminile».

Quanto al rapporto deficit/Pil, le previsioni peggiorano perché il pareggio di bilancio strutturale non è più previsto nel 2019, come si stimava nell’ottobre dello scorso anno, ma slitta di due anni. Il passivo annuale dovrebbe comunque scendere all’1,6% quest’anno e allo 0,9% il prossimo, fino al raggiungimento del pareggio fissato al 2021.

Le prospettive del debito sono invece tutte rosee: dopo avere chiuso il 2017 al al 131,5% rispetto al Pil, il fardello italiano dovrebbe scendere al 129,7% nel 2018 per poi portarsi al 127,5% nel 2019 e al 116,6% nel 2023 (l’anno a cui si fermano i calcoli del Fondo). E proprio nel 2023 si dovrebbe realizzare il «sorpasso» (in negativo) da parte degli Usa, che per la prima volta vedrebbero un debito più oneroso del nostro, al 116,9%. A pesare sui conti pubblici americani è la riforma delle tasse varate dall’amministrazione Trump.

Un’ultima considerazione sul sistema bancario: se in generale l’Fmi nota un aumento della resilienza alle crisi e una generalizzata maggiore stabilità, resta aperto il nodo dei non performing loans (npl, i crediti di non facile esigibilità): il loro valore in Eurolandia ammonta a quasi 900 miliardi di euro, di cui poco meno di 600 miliardi si trovano in Italia, Irlanda e Spagna e meno di 200 miliardi in Grecia, Cipro e Portogallo. Non vanno sottovalutati infine i rischi a breve termine di instabilità finanziaria e possibili rialzi improvvisi dell’inflazione nei prossimi anni.

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