Economia

«Flat tax, prima le imprese». Bagnai fa sbandare la Lega

«Flat tax, prima le imprese». Bagnai fa sbandare la LegaL'economista Alberto Bagnai, eletto al senato nelle liste della Lega

«Dal 2020 per le Famiglie» Siri lo corregge: partiamo subito. Dem scatenati: l’abbiamo fatta e ridotta noi da anni

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 5 giugno 2018

Flat tax sì, ma a due velocità. Il tema che ha tenuto banco in campagna elettorale, uno dei pilastri del programma del centrodestra, inizia a delinearsi con più di una sorpresa.

La possibilità di un’operazione in due tempi, prima le imprese e poi le famiglie, annunciata dall’economista leghista Alberto Bagnai ha innescato un diluvio di reazioni e di critiche.

«Mi sembra che ci sia un accordo sul fatto di far partire la Flat tax sui redditi di impresa a partire dall’anno prossimo. Il primo anno per le imprese e poi a partire dal secondo anno si prevede di applicarla alle famiglie», ha spiegato Bagnai ai microfoni di Agorà.

Poco dopo a correggere parzialmente il tiro è stato il leghista Armando Siri, ideologo della Flat tax. «Allo stato attuale posso dire che non è vero che dal prossimo anno la Flat tax entrerà in vigore solo per le imprese, ma che ci sarà anche per le famiglie. Poi tutto sarà a regime per il 2020 – ha chiarito il senatore della Lega – si deve partire con degli step: il sistema è diverso perché la Flat tax per le imprese c’è già e noi la estendiamo anche alle società di persone, alle Partite Iva, eccetera… Si tratta – ha osservato – già di una riforma storica perché viene trasferito a cinque milioni di operatori quello che oggi è solo per 800mila imprese, visto che solo le società di capitali hanno la Flat tax. Poi per le famiglie cominceremo già dal 2019 con dei parametri che andranno a perfezionarsi nel 2020 fino a completarla».

Siri ha confermato che verrà data priorità alle famiglie con molti figli.

Quanto ai costi dell’operazione, in particolare del primo step che entrerà in vigore dal 2019, Siri ha osservato: «È una domanda da un milione di dollari. Costerà più o meno 30 miliardi di euro».

Il meccanismo di quella che si configura nel contratto di governo come una dual tax, che per le famiglie potrebbe avere quindi tempi diversi – con l’introduzione di alcuni parametri già dall’anno prossimo e il perfezionamento dell’impianto negli anni successivi, prevede due aliquote secche: una al 15 per cento per i redditi familiari fino a 80mila euro e una al 20 per cento per quelli superiori. Con una deduzione fissa di 3.000 euro sulla base del reddito familiare che sarebbe così applicata: per ogni componente del nucleo familiare fino a 35mila euro di reddito complessivo; solo ai familiari a carico nella fascia 35-50mila; nessuna deduzione per redditi superiori.

L’operazione dovrebbe costare nel complesso oltre 40 miliardi, dieci in più rispetto a quelli ipotizzati da Siri.

Ma l’ipotesi di un rinvio per le famiglie ha fatto esplodere la polemica e gli attacchi delle opposizioni. Da parte di molti esponenti del Partito democratico si ricorda come la Flat tax sui redditi di impresa esiste da molti anni.

Prima si chiamava Irpeg, e ora si chiama Ires e tassa proporzionalmente i redditi delle società di capitali.

Quanto ad averla ridotta i Dem non si sentono secondi alla Lega: «A tagliarla dal 27,5 al 24 per cento è stato il governo Renzi – rivendica tutto orgoglioso Luigi Marattin – . Nel caso il futuro sottosegretario Bagnai si riferisse, invece, agli utili di impresa delle società di persone, anche quella esiste già: si chiama Iri, e l’ha fatta sempre il governo Renzi», gongola. S

ulla stessa linea Tommaso Nannicini, senatore del Pd e già sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo Renzi: «Certo, se per “cambiamento” s’intende annunciare provvedimenti già presi da altri possiamo quanto meno stare tranquilli che i guasti saranno limitati. Ma l’unica novità è semmai l’annuncio del rinvio alle calende greche della Flat tax per le famiglie».

All’attacco anche Forza Italia. «Sono chiacchiere che già disattendono il loro contratto e certamente disattendono il programma del centrodestra. Si stanno già suicidando», attacca Renato Brunetta ricordando che nel programma di centrodestra «c’era la sterilizzazione dell’Iva e la Flat tax da subito a un’aliquota, al 23 per cento».

«La Flat tax è come un Robin Hood al contrario. Un regalo ai più ricchi a spese dei più poveri. I 50 miliardi che servono verranno tolti a sanità e scuola pubblica che sono già al limite», sintetizza Roberto Speranza di Liberi e Uguali.

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