Arriva con tre giorni di ritardo la firma del Ceta, il trattato internazionale per la creazione di un mercato unico fra Canada e Comunità economica europea, dopo l’intoppo burocratico innescato dalla regione Vallonia (Belgio). Nella giornata di domenica il primo ministro canadese Justin Trudeau, il presidente del Consiglio europeo Donald Truck e il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker hanno posto la firma congiunta del trattato, mentre un centinaio di manifestanti esprimeva il proprio dissenso di fronte la sede del Consiglio europeo. Un accordo che abolisce la dogana fra Bruxelles e Ottawa per un mercato unico transatlantico fra 29 paesi su due continenti. Il trattato entrerà in vigore con la ratifica dei due parlamenti, europeo e canadese, nei prossimi mesi. La sua applicazione sarà in ogni caso provvisoria e progressiva, in attesa che tutti i paesi dell’Unione europea ratifichino a loro volta il trattato nei rispettivi parlamenti.

Un percorso che interesserà circa 38 fra assemblee regionali e nazionali, non senza altri possibili colpi di scena.

«Non era poi così difficile», ha ironizzato il premier canadese Justin Trudeau poco prima di firmare, facendo riferimento al veto della regione Vallonia che aveva inizialmente bloccato l’adesione formale del governo belga al Ceta. L’opposizione del governo vallone, guidata dal socialista Paul Magnette, aveva innescato una lunga trattativa a livello europeo prima e intra-belga poi, accendendo le speranze del movimento anti Ceta-Ttip. Poi però risultato un nulla di fatto, con la redazione di un documento interpretativo sui punti più spinosi del trattato (in campo agricolo e in materia di arbitraggio fra Stati e multinazionali) rilevante più sul piano politico che su quello giuridico.

Con la creazione del mercato unico fra Canada ed Unione europea, inizia un nuovo processo di mondializzazione che renderà più agevole il commercio fra le due sponde dell’Atlantico, e che implica alcune modifiche in materia di produzione e di trasformazione alimentare, di protezione ambientale, nella regolamentazione del mercato del lavoro e dell’energia. Un processo che preoccupa non poche sigle sindacali, associazioni di consumatori e di rappresentanza del mondo contadino (su entrambe le sponde dell’oceano), le quali temono una maggior precarizzazione del mercato del lavoro e una minaccia per la democrazia. Con questo accordo, le multinazionali potranno citare in giudizio, in qualità di parte lesa, gli Stati che con un intervento legislativo ne limitassero interessi e profitti. Argomento sul quale dovrà ora esprimersi la Corte di giustizia europea. Un meccanismo noto come Investment Court System (Ics) che dovrebbe applicarsi anche su un altro trattato di libero scambio: il Ttip, in corso di trattativa e dalla portata economica decisamente più ampia, fra gli Stati uniti e l’Unione europea e che interesserà un miliardo di persone.