Il mediatore Piero Fassino alla ricerca di una coalizione per il Pd ha fin qui incassato qualche parola di circostanza dai presidenti di camera e senato Boldrini e Grasso, l’adesione convinta dei Verdi di Bonelli (con i radicali ci ha parlato direttamente Renzi), l’incoraggiamento però distaccato (nel senso che non si pronuncerà direttamente) di Romano Prodi e il preannuncio di no di Mdp-Sinistra italiana e Possibile. Oggi spera di fare meglio incontrando Giuliano Pisapia. Alla vigilia, Campo progressista ha tenuto a precisare che «senza discontinuità non ci può essere coalizione», assicurando che l’incontro di Milano «non segnerà un passo verso il Pd». Ma certamente neanche una rottura, più probabilmente un rinvio come in ogni trattativa che si rispetti. Del resto, per quanto sia vero che «in questi anni il Pd non ha condiviso nulla con noi» come sottolinea il portavoce di Cp Capelli, le posizioni al momento appaiono tutt’altro che inconciliabili.
Pisapia chiede a Fassino un segnale su Ius soli e biotestamento in questa legislatura. L’abolizione del superticket. L’esclusione dall’alleanza di Alfano. E un impegno contro la precarietà, non la richiesta di «abiurare» il Jobs Act. Fassino può promettere tutte queste cose, non può parlare per Alfano ma il ministro ha dentro il suo partito sufficienti avversari dell’alleanza con il Pd. Un punto delicato poteva essere l’indicazione del capo della coalizione, visto che Pisapia non accetta la designazione di Renzi e vorrebbe le primarie. Ma Fassino si attesta sull’ultima trincea della maggioranza Pd: se non può essere Renzi il capo non lo sarà nessuno. Del resto, ricorda a ragione, «la legge elettorale non prevede l’indicazione del candidato premier». E comunque dopo il primo tentativo di oggi, Pisapia andrà a farsi incoraggiare dai prodiani fan dell’intesa domani a Bologna. In definitiva si può ben capire l’ottimismo di Fassino: «È certo che un’alleanza di centrosinistra ci sarà. Devo verificarne il perimetro».

Da questo «perimetro» si terrà fuori la sinistra che in settimana non negherà un incontro al mediatore – ci andranno i capigruppo – ma non si lascia spazi di ripensamento. «La rottura con l’elettorato di centrosinistra – ha detto ieri Vasco Errani, esponente di peso di Mdp – non si risolve con i pontieri e gli abbracci tra gruppi dirigenti, ma con una svolta politica e culturale che ora non vedo». Anche perché la sinistra ha già lanciato il suo percorso. Che passa, per Sinistra italiana e Articolo 1, per le assemblee nazionali di domani (Possibile terrà tra stasera e domani un voto online sul regolamento). Il prossimo fine settimana sono previste le assemblee territoriali, dalle quali dovranno venire fuori i 1.500 delegati che il 2 dicembre a Roma ufficializzeranno la lista comune con nome e simbolo. I tre partiti della sinistra garantiscono che la partecipazione sarà aperta a tutti e che non ci saranno quote di delegati prestabiliti. Il regolamento però prevede che la proposta di delegazione sarà fatta dalla presidenza delle assemblee locali, quindi dai rappresentanti di Fratoianni, Speranza e Civati sul territorio. Si potrà, però, votare sulle proposte di modifica che verranno eventualmente presentate.
A conferma che il tentativo di Fassino nei confronti degli ex compagni di partito è un semplice pro forma, c’è la coincidenza tra il lavoro del mediatore e il passaggio in aula alla camera della proposta di legge di Mdp per riportare le tutele dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori nelle imprese con cinque o più dipendenti. Una smentita secca del Jobs Act che troverà già lunedì prossimo la contrarietà del Pd e dunque chiuderà ogni possibile accordo sui temi del lavoro. Mentre già oggi la Cgil dovrebbe sancire la rottura con il governo sulle pensioni, annunciando la manifestazione di sabato 2 ottobre. La legge Fornero è evidentemente un altro argomento che dividerà la sinistra dal Pd; Speranza, Fratoianni e Civati non potranno mancare al corteo della Cgil. Tanto che adesso devono valutare se spostare di un giorno (quindi a domenica 3) l’assemblea per il varo della lista di sinistra. O confermarla, approfittando della convocazione sindacale a Roma.