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Fassina: «Il premier vuole un governo senza popolo»

Fassina: «Il premier vuole un governo senza popolo»Stefano Fassina, deputato di Sinistra italiana e candidato sindaco a Roma

Intervista L'ex Pd: lui è un blairiano, Sanchez no. «Le larghe intese di Letta? Un’emergenza. Quando il governo le ha rese stabili me ne sono andato»

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 22 dicembre 2015

Sostiene Renzi che l’Italicum debba essere «benedetto» perché se accadrà in Italia quello che domenica è successo in Spagna «ci sarà un vincitore chiaro». Stefano Fassina, di Sinistra italiana, sostiene il contrario: «Queste parole rafforzano la nostra valutazione sull’Italicum. E su Renzi: di fronte a un’agenda insostenibile che ha sempre meno consenso, Renzi elogia l’idea di un governo di fatto senza popolo».

La sinistra Pd torna a chiedere di cambiare la legge elettorale.

Chi punta alla governabilità senza popolo si riduce al ruolo di amministratore dell’agenda liberista che esclude fasce sempre più ampie di popolo e classe media.È quello che fa il popolare Rajoy. Ma Renzi dovrebbe essere progressista e provare a cambiare agenda.

In Spagna Psoe e sinistra radicale potrebbero accordarsi, o comunque non lo escludono. In Italia il parallelo è possibile?

Con Renzi no. I socialisti spagnoli hanno iniziato a prendere le distanze dall’impianto liberista da tempo. Il nostro presidente del consiglio continua a considerare Blair il suo profeta.

Per la cronaca, Renzi lo ha criticato di recente. Sulla guerra in Iraq.

Non poteva fare altro, sulla guerra è stato Blair a fare autocritica. Ma Blair continua ad essere il suo faro nell’economia: dal jobs act alla legge sulla scuola fino alla legge di stabilità appena approvata che contiene un intervento iniquo come l’eliminazione della Tasi per tutti. E poche centinaia di milioni contro la povertà. In Spagna e Portogallo è iniziata la correzione di rotta, in Italia invece il Pd renziano resta completamente dentro il paradigma liberista.

In Italia, proseguendo il parallelo, comunque il ’terzo incomodo’ non sarebbe la sinistra ma M5S.

In Italia il bipolarismo è saltato a febbraio 2013. E lì la sinistra era molto in ritardo. E ne paga le conseguenze.

Renzi dice: «La Spagna sembra l’Italia del 2013». Cioè quella in cui il Pd fece le larghe intese. E lei entrò nel governo.

La situazione italiana era più grave, dovevamo eleggere il presidente della Repubblica. Ma l’esecutivo Letta nacque come governo a termine per le scadenze di finanza pubblica e per la legge elettorale. È Renzi che poi ha fatto diventare l’emergenza una scelta ordinaria. Non a caso con l’arrivo di Renzi mi sono dimesso.

Ma il Pd aveva già fatto le larghe intese con Monti al giro precedente.

Nel novembre 2011 era impossibile resistere alle pressioni: quella interna al Pd, quella del Colle, quella dei principali interessi economici italiani e quella dei partner europei. Dopo l’approvazione della legge di stabilità avremmo dovuto staccare la spina per non restare schiacciati sotto un governo che portava il paese verso un quadro economico e sociale insostenibile. Lo dissi e presi un sacco di bastonate. Non lo abbiamo fatto e abbiamo perso le elezioni del 2013. Lì Bersani provò a cercare l’intesa con M5S ma non fu possibile.

Il Psoe non farà le larghe intese.

Il Psoe lo dice da mesi, anche grazie al fiato sul collo di Podemos. Da noi proprio le parole di Renzi sull’Italicum confermano che vuole tenere fuori dal governo ’i barbari’ e mandare al governo chi avrebbe un quarto degli aventi diritto al voto. Avremmo invece bisogno di includere alla partecipazione democratica. La Spagna insegna che la sinistra con una visione alternativa sgonfia la destra.

Non è che chiedete di cambiare l’Italicum per rifare la coalizione con il Pd?

Oggi siamo alternativi al Pd. Non certo è una legge elettorale che potrebbe costruire una qualche compatibilità.
Iglesias, leader di Podemos, dice che è l’ora di un compromesso storico.
Si capisce che è consapevole del momento storico che attraversa la Spagna e anche l’Europa. Podemos è una forza politica a vocazione costruttiva. Disponibile ad affrontare il governo. Ma anche consapevole delle trappole possibili.

Un gruppo di giovani attivisti ha lanciato un appello per un appuntamento di febbraio per tutta la sinistra. Dopo aver mancato la Syriza italiana ora volete provare la Podemos italiana?

Vogliamo fare la sinistra italiana. All’appello «per la sinistra di tutte e tutti» hanno lavorato tanti ragazzi e ragazze con i quali abbiamo discusso molto in questi mesi di confronto anche difficile. Non solo ci interessa questo appello ma consideriamo il gruppo di Sinistra italiana un «terminale sociale», per riprendere la felice definizione di Stefano Rodotà. A febbraio a Roma saremo tutti insieme per avviare un cammino aperto, capillare, alla fine del quale nulla sarà come prima. Chi vi partecipa avrà superato la sua appartenenza, per arrivare a ricoinvolgere tutte le persone che vogliono essere protagoniste di un cambiamento nel nostro paese, ma che oggi sono fuori dalla rappresentanza.

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