L’idea di adattare un film d’autore in formato serial è rischiosa per definizione. Espanderne «l’universo» in modo da situare negli stessi luoghi e atmosfere una serie di fiction seriali si direbbe ancor più azzardato, ma è tuttavia l’operazione in cui è riuscito da dieci anni Noah Hawley con le miniserie Fargo, ispirate all’omonimo film dei Fratelli Coen. Come il film del 1996 le serie, giunte all’attuale quinta stagione su Sky Atlantic, ripropongono le gelide lande invernali del Minnesota e Dakota come sfondo per nordic noir popolati da personaggi di ingannevole ordinarietà travolti da eventi brutalmente criminosi che si stagliano sulle innevate distese (e sulla celebre cortesia) del Midwest.

DEL FILM, i gialli da dieci puntate ripropongono le gallerie di personaggi eccentrici, l’umorismo dark, il piglio esistenzialista di criminali efferati e filosofi e le prosaiche quotidianità che nascondono le voragini dell’animo umano. Spesso ricorrono anche alcuni personaggi, come una commissaria inquirente ispirata a quella memorabile di Frances McDormand nel film originale (le serie vantano l’approvazione dei Coen che hanno titolo onorario di produttori esecutivi).

La redazione consiglia:
Pulp e post moderno. E’ Fargo versione serialOgni serie è situata in un diverso anno e luogo, spaziando dal minuscolo Bemidji Minnesota del 2006 della 1° stagione alla stessa Fargo (North Dakota) del 1979 nella seconda, a St Cloud Minnesota nel 2006 e un excursus nella Kansas City degli anni ’50 per l’epico scontro fra mafie italiane e afroamericane della quarta serie. Quella trama ad ambientazione storica, quantunque ambiziosa, era stata per la verità la meno riuscita, facendo supporre un esaurimento della spinta creativa che aveva fruttato fino ad allora fior di nomination e numerosi Emmy e Golden Globe. La quinta serie attualmente in corso è una perentoria smentita di quei timori con un ritorno alle origini essenziali del successo.

NELLA SOLITA micro-provincia settentrionale (per la precisione siamo a Scandia, Minnesota), Dorothy Lyon viene arrestata dalla vice-sceriffo Indira Olmstead in seguito ad una colluttazione in cui usa, per errore, un taser su di un poliziotto. Scarcerata su cauzione, per Dorothy, detta Dot, i guai stanno solo cominciando, poco dopo verrà infatti rapita da due malviventi – a cui però la minuta Dot (interpretata da Juno Temple, figlia di Julian Temple e nel cast anche di Ted Lasso) da un bel filo da torcere. Le sue doti da combattente tradiscono subito qualcosa in più di quello che farebbe supporre la routine di mamma suburbana.

Ben presto siamo in viaggio attraverso paesaggi iconici di una gelida America superbamente fotografata da Hawley e dai suoi registi in grado di modulare assai efficacemente lo «stile Coen», il loro senso ineffabile per i luoghi e i personaggi dei loro crime movies migliori, compresi i riferimenti e le citazioni di tradizione «hard boiled», da Jim Thompson a Elmore Leonard.
Dot riuscirà, alla fine del primo episodio, a mettersi in salvo ma il pericolo non è certo passato in quella che emerge come una storia di fuga e molteplici identità fra Minnesota e North Dakota e ancor più fra luce e tenebre, con tutti i chiaroscuri del caso. Aiuta la trazione anteriore di una trama imperniata su una preda perseguitata da cacciatori che non danno tregua, e certo non nuoce il cast come al solito di prim’ordine, oltre a Temple, stavolta spiccano Jennifer Jason Leigh e John Hamm (l’antologia in passato si è avvalsa tra gli altri di Martin Freeman, Billy Bob Thornton, Kirsten Dunst, Ewan McGregor, Carrie Coon, David Thewlis e Jason Schwartzamn).

La redazione consiglia:
Un killer tra i ghiacci. Fargo riparte in tvNuova è anche la contemporaneità. La quinta serie è ambientata nel 2019, subito prima della pandemia ma in pieno rigurgito trumpiano, un’ambientazione che attualizza la trama e apre a riferimenti che aggiungono una dimensione inedita e vitale alla storia di vendetta e legittimazione femminile contrapposta a fanatismi dottrinari. Così il personaggio di John Hamm, sceriffo pericolosamente teologico e reazionario, riverbera con l’effettivo movimento dei «constitutional sheriffs», che in molte contee americane rifiutano l’autorità federale investendosi invece di quella «sacrosanta» derivante «dalla costituzione e dagli elettori locali», giungendo a teorizzare l’eversione anche armata. Come tale il personaggio di Hamm è una modulazione sull’archetipo di sceriffo reazionario (alla Rod Steiger di Mr Tibbs), aggiornato alla minaccia ben più contemporanea delle attuali crisi costituzionali del paese. Né è casuale l’avvio della storia in una rissa generale scoppiata in una riunione di consiglio scolastico, fori trasformati ormai in fronte privilegiato delle guerre culturali, prediletti dai paladini della neo destra per le crociate di moralizzazione ed epurazione di libri scorretti.

Altri personaggi, come la suocera/matriarca deliziosamente malvagia interpretata da Jennifer Jason Leigh, si muovono in un mondo cinicamente tardocapitalista avendo fatto fortuna come pignoratrice di consumatori indebitati. Quest’ultimo Fargo decodifica insomma l’intima violenza del momento politico nel registro tragicomico che sembra davvero il più adatto ad inquadrarlo, compreso il solito abbondate spargimento di sangue che – stavolta lo si spera davvero – rimarrà metaforico.