Un passo alla volta, con lentezza infinita, il governo Meloni prova di venire a capo dell’intricatissima vicenda ex Ilva. Una matassa che gli stessi ministri e palazzo Chigi hanno reso ancora più ingarbugliata.

Il braccio di ferro con Mittal va avanti mentre alla protesta delle ditte (e lavoratori) in appalto si danno risposte improvvisate, tanto da promettere modifiche al decreto appena varato meno di una settimana fa.

In coro stonato, la diarchia fra il ministro Urso – tornato in sella – e il duo pugliese Mantovano-Fitto continua a produrre magre figure. Ieri è toccato al sottosegretario alla presidenza del consiglio Alfredo Mantovano rendere pubblica la risposta all’ennesimo tentativo di Mittal di rallentare la sua uscita da Acciaierie d’Italia.

«La fine della partnership viene imposta dalle vostre decisioni», prova a sostenere il governo con poca convinzione: non è la parte pubblica che «preferisce» interrompere il cammino in comune ma si tratta, in sintesi, di una scelta obbligata. «La situazione di crisi di Acciaierie d’Italia – ricostruisce Mantovano in una missiva indirizzata all’amministratore delegato, Aditya Mittal – nasce esclusivamente dalla decisione del gruppo A.Mittal di venir meno alle proprie prerogative di socio industriale». Ma Mantovano è costretto ad ammettere che lui (come Fitto) ha fatto di tutto per accontentare gli indiani, ricordando come «non più tardi di quattro mesi fa, la firma del Memorandum of understanding dell’11/9/2023», firmato dal governo senza alcuna informazione a sindacati ed enti locali, nel quale si promettevano a Mittal miliardi per la decarbonizzazione tramite Pnrr e altri fondi europei. Mantovano ammette dunque di aver «ricercato ogni possibile soluzione nel migliore ed esclusivo interesse di Acciaierie d’Italia e di tutti i loro stakeholder, inclusi per primi i lavoratori e i fornitori» (sic).

Mantovano non nomina neanche l’amministrazione straordinaria ma la lascia sullo sfondo: «Sugli elementi di dettaglio – conclude – Invitalia (il socio pubblico, ndr) provvederà a indirizzarvi specifica comunicazione, in coerenza con la normativa vigente». Leggasi, l’ultimo decreto che semplifica la procedura di amministrazione straordinaria.

Ancora critici i sindacati. «Occorre immediatamente passare dalle lettere ai fatti concreti per evitare la fermata totale degli impianti che porterebbe alla morte dell’ex Ilva», è l’appello del segretario generale Uilm Rocco Palombella che accusa Arcelor Mittal «di prendere ulteriore tempo con l’obiettivo palese di portare gli impianti allo sfinimento».

Urso ieri invece ha incontrato i sindaci di Taranto e di Genova, Marco Bucci. E, a sorpresa, il primo cittadino di Taranto Rinaldo Melucci (eletto con il Pd) dà un’apertura di credito a Urso: «Le idee del governo ci appaiono più aderenti alla nostra ipotesi di un accordo di programma che muova dalle ragioni di salute e ambiente. Se così sarà, non mancherà la nostra collaborazione».

Mentre a Taranto continua la protesta dei fornitori, oggi alle 11 e 30 il ministri Urso e Calderone, terranno un incontro in videoconferenza con i rappresentanti sindacali dei lavoratori dell’indotto.