Illusorio era credere che Lucia Morselli potesse mollare la presa sull’ex Ilva. Il governo Meloni che ha creduto fino a poche settimane fa alle sue balle, ora non ce la fa proprio a passare per decisionista. E dunque deve sottostare all’ennesimo ricatto dell’attuale amministratrice delegata di Acciaierie d’Italia. E attendere ulteriori 14 giorni per una soluzione.

Lo scorso lunedì 15 gennaio, infatti, nel pieno della trattativa per cercare una transazione, Morselli ha fatto presentare istanza presso la Camera di commercio di Milano per la cosiddetta «composizione negoziata», strumento legale già usato due anni fa. Financo «gli ambienti di Palazzo Chigi», che non brillano certo di lungimiranza, hanno letto la mossa «come un chiaro tentativo di prendere ulteriore tempo», come recita il comunicato ufficiale emesso dal governo.

La risposta del governo sta tutta nelle cinque pagine di decreto il cui primo articolo è stato chiamato «Disposizioni sull’amministrazione straordinaria delle società strategiche partecipate da amministrazioni pubbliche statali» che oggi andrà in Gazzetta ufficiale e – come da articolo 5 – entrerà in vigore domani («il giorno successivo a quello della sua pubblicazione»). Come già annunciato dallo stesso governo, prevede la possibilità del socio pubblico, anche se in minoranza ma con almeno il 30% (Invitalia ha il 38% in AdI), di attivare la procedura di amministrazione straordinaria.

LA LETTERA DI INVITALIA è partita proprio mercoledì. Ora la palla passa a Mittal che ha 14 giorni per decidere se arrivare ad un accordo, altrimenti scatterà il commissariamento.
Dunque è finalmente partita la procedura di commissariamento per Acciaierie d’Italia. Ma il governo liberista Meloni ha subito assicurato che si tratterà di una «fase temporanea» mentre si lancia alla ricerca di «migliori partner privati».

Il commissariamento viene spiegato dalla necessità di garantire la continuità produttiva – messa a rischio dall’inerzia di Morselli che segue il dettame di Mittal di non investire più un euro – e l’occupazione del sito siderurgico, prostrato da una crisi profonda.

È il percorso prospettato ai sindacati nell’incontro di ieri pomerigio a Largo Chigi a cui hanno partecipato i ministri Giorgetti, Fitto, Calderone e Urso.

SUL FRONTE DELLE RISORSE – nodo essenziale considerata la grave crisi di liquidità in cui versa AdI – il governo ha messo sul tavolo un pacchetto che comprende sia un prestito ponte a condizioni di mercato per 320 milioni di euro (quelli originariamente stanziati per la risalita in maggioranza) sia prestiti di durata quinquennale per garantire la sopravvivenza dell’azienda finché non saranno trovati nuovi soci privati.

INTANTO PARTIRÀ OGGI il tavolo al Mimit e al ministero del Lavoro con tutte le parti coinvolte, a partire dall’aziende fornitrici e dell’indotto convocate da Urso e Calderone in videoconferenza.

Ma il tempo stringe e i sindacati incalzano. «Dobbiamo mettere in sicurezza i lavoratori, la priorità è garantire le risorse per manutenzioni e sicurezza degli impianti», esorta il segretario Fiom Michele De Palma. «Per noi la via maestra resta comunque la gestione pubblica», chiosa, «i 320 milioni stanziati non bastano: il governo ci ha risposto che ci sono le condizioni per intervenire con ulteriori risorse».

Per Rocco Palombella della Uilm «Mittal continua a mettere in atto azioni di disturbo deleterie per l’Italia e per i lavoratori, ma oggi questa strategia è al capolinea. Il governo ha risposto con decreto legge che lo mette nelle condizioni di interrompere la continuità societaria con la richiesta di amministrazione straordinaria entro quattordici giorni. Noi ovviamente ribadiamo la nostra contrarietà all’amministrazione straordinaria, che nel 2015 ha creato un disastro per le aziende dell’indotto. Abbiamo avuto però delle rassicurazioni da parte di tutti i ministeri sulla salvaguardia occupazionale». Per il leader Fim Cisl Roberto Benaglia il «boicottaggio” dei Mittal, il commissariamento è «una soluzione drastica ma anche l’unica possibile per dare continuità produttiva».

Per l’Usb «l’occupazione va garantita anche quando finirà il commissariamento».