Non sempre perfetti ma costantemente alla ricerca di un suono, di un particolare o di un racconto che andava oltre la forma canzone. Gli Everything but the Girl, duo sul palcoscenico, in sala di registrazione e nella vita privata, hanno rappresentato una delle realtà più interessanti, capaci di andare oltre alcune effimere mode uscite dagli anni ottanta. Hanno iniziato come gruppo neo jazz in cui spiccava la voce speziata e personale di Tracey Thorn dalla timbrica soul e lo stile chitarristico di Ben Watt, poi hanno cambiato registro passando a un pop mai di maniera, fino a scoprirsi divi da club attraverso l’elettronica in Amplified Heart del 1994. Passaggio che gli consente di trovare il successo mondiale con Missing – numero uno praticamente ovunque grazie anche a un intelligente e coinvolgente remix di Todd Terry che gli ha aperto le porta della scena dei club.

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Tracey Thorn, la voce della malinconiaINEVITABILI i passi successivi, come la scoperta del drum’n’bass approfondita in lavori come Walking Wounded e Temperamental. Poi la decisione di fermarsi, problemi di gestione familiare (due figli da crescere), di salute (Watt, una malattia autoimmune su cui ha scritto anche un libro molto appassionante). Ma il percorso musicale non si è fermato ed entrambi, singolarmente, hanno esplorato numerosi generi e stili musicali. Dopo 25 anni – i figli ora sono fuori casa, hanno raccontato scherzosamente in un’intervista – il duo torna sul luogo del delitto. Solo per il piacere di far musica perché non è previsto nessun tour e quindi tutta l’attenzione si concentra sulle nuove canzoni. «Fuse», imperdibile concentrato di intime ballate e suoni da club
Fuse (Virgin/Universal) è un disco essenziale – dieci brani per appena trentacinque minuti – ma di una intensità e una qualità rara che in giro ha pochi riscontri. Nothing Left to Loose è un attacco da colpo al cuore, pulsanti beat fino all’ingresso di Tracey che su un classico dubstep chiede al suo innamorato «Baciami mentre il mondo precipita nel vuoto, baciami mentre la musica suona».

LA VOCE di Tracey ha acquistato più profondità, l’elettronica si è fatta più cupa ma sono le ballate – straordinarie – dove le note si fanno dilatate, ad incantare. Come in Run a Red Light – l’unica firmata dal solo Watt, il racconto in prima persona di un dj che ama il suo lavoro ma che forse ha più di qualche rimpianto. Dall’universo dei club arrivano anche i protagonisti di No One Knows We’re Dancing, storie di vita tra desideri, passioni e disincanti che ritornano anche nel quieto loop di Lost.
Un disco intimo – in studio di registrazione, suonano editano e fanno tutto da soli – che non può che chiudersi sulla dolente Karaoke, una sala dove paradossalmente i protagonisti si perdono e trovano la forza di ritrovarsi. Nuovamente.