Erri de Luca, non se l’aspettava un’assoluzione, vero?
Per mio temperamento sono sempre preparato al peggio ma in questo caso i pronostici erano impossibili perché si è trattato di un processo sperimentale: nessuno scrittore era mai stato incriminato prima con questo arnese del codice fascista – l’istigazione – che risale al 1930.

La sua dichiarazione spontanea prima della sentenza ha messo in luce l’assurdità di avere ancora in vigore il codice Rocco.
Quell’articolo 414 non era mai stato usato prima contro l’opinione di una persona, ma ho voluto sottolineare il conflitto tra l’articolo 21 della Costituzione che garantisce la nostra libertà di espressione e quell’articolo del codice penale fascista che invece la nega. Questa era la posta in gioco nel processo, al di là del mio trascurabilissimo caso personale. Aveva un peso per stabilire la temperatura della libertà di parola: se soffre di febbre, aggredita da una volontà di censura, o se è sfebbrata ed è sana.

E qual è la diagnosi?
La sentenza dice che l’articolo 21 della Costituzione gode di ottima salute: il tentativo di sabotaggio da parte della pubblica accusa è stato respinto.

La ministra di Giustizia francese, Christiane Taubira, ha twittato due volte in suo onore. «#ErriDeLuca, quando tutto sarà scomparso dietro all’ultimo sole, resterà la piccola voce dell’uomo, citando ancora Tennessee Williams», scrive nel primo post. Mentre nel secondo la Guardasigilli francese usa una delle poesie del comunista Louis Aragon per salutare la sentenza nella quale, a suo giudizio, sfuma la giustizia salomonica.
Non lo sapevo. Posso solo dire che da noi un ministro di giustizia che cita uno scrittore come minimo sbaglia.

In questa vicenda, ha sentito più vicine le istituzioni francesi che quelle italiane?
La Francia si è espressa al massimo livello delle sue istituzioni, considerandomi un suo cittadino: il presidente della Repubblica francese è intervenuto più volte su questo caso.

Lo stesso François Hollande avrebbe telefonato a Renzi per invocare clemenza nei suoi confronti. Che lei sappia, è vero?
Così risulta dal Journal Du Dimanche, ed è evidente che questa notizia non può essere uscita che dall’Eliseo. Il presidente francese ha evidentemente permesso che la notizia diventasse pubblica. Dunque, è una cosa certa. La Francia, attraverso il suo massimo esponente, si è tirata fuori da questa storia: è come se avesse detto «una condanna di questo tipo non è concepibile per noi, non in nome dei francesi».

Secondo lo stesso settimanale francese, però, il premier italiano non avrebbe mostrato «alcuna indulgenza». E comunque ieri Palazzo Chigi ha smentito «il merito e le circostanze» della notizia.
Negare l’evidenza è uno degli stati dell’ubriachezza. Ma tra Renzi e Hollande io credo al presidente francese, ovviamente.

Lei ha avuto contatti personali con le istituzioni d’Oltralpe? Perché l’hanno presa così a cuore?
No, mai avuto contatti. Lo fanno solo perché sono uno scrittore. E uno scrittore incriminato per le sue parole viene adottato da quella società civile, da quella opinione pubblica. È già successo ad altri scrittori, che erano in situazioni ben peggiori delle mie, di trovare lì una seconda cittadinanza. Io resto un ostinato cittadino italiano, non mi faccio smuovere dalla mia cittadinanza, ma lì mi hanno voluto sostenere come se fossi un loro concittadino.

Prima della sentenza ha voluto ripetere che per lei la Tav va ostacolata e sabotata. Voleva farsi capire meglio o sfidare il suo giudice?
La parola sabotaggio ha tanti significati che non riguardano il danneggiamento fisico. Non volevo che il verbo «sabotare», che ha piena cittadinanza nel vocabolario italiano, fosse ridotto a questo: a un guasto meccanico. O che fosse censurato da una condanna penale. D’altra parte, anche questa incriminazione contro di me voleva sabotare la libertà di parola. Ho detto che se quelle mie parole erano un crimine, non solo ho ripetuto il crimine ma lo avrei continuato a ripetere.

Adesso che «è stata impedita un’ingiustizia», come ha detto lei, c’è da fare qualcosa ancora su questo fronte?
Intanto è stato fermato un tentativo di censura che poteva essere un precedente. Dunque, le persone si possono sentire più incoraggiate nella loro libertà di espressione. Ma c’è ancora molto da fare perché le lotte delle popolazioni riescano ad avere accesso ai canali di informazione che costruiscono l’opinione pubblica.

E sulla Tav?
La Tav della Val di Susa – sedicente «alta velocità», parole che sono una frottola oltre che una truffa – è un’opera che non si farà. Si saboterà. Da sola: per mancanza di copertura finanziaria.

Nell’aula giudiziaria c’erano molti valsusini…
Sì, e giustamente considerano questa assoluzione una loro vittoria, perché è stata una delle rare volte in cui qualcuno impegnato a contrastare la Tav è stato assolto.