Non ci sono scuse, né alternative possibili. Il ministero degli Esteri deve rilasciare entro dieci giorni il visto umanitario ai due giornalisti afghani che lo avevano richiesto attraverso l’avvocata Nazzarena Zorzella (Asgi). Lo ha ordinato il 14 gennaio la giudice Cecilia Pratesi, sezione diritti della persona e immigrazione del tribunale di Roma. Il provvedimento risponde al secondo ricorso presentato dalla legale in meno di un mese: anche il primo aveva avuto esito positivo, ma il ministero ha tentato di risolvere la questione in altro modo e dettare delle condizioni.

Nello specifico ha proposto di inserire i due cittadini afghani nel corridoio umanitario siglato il 4 novembre scorso con diverse associazioni e rivolto a 1.200 profughi. In più ha preteso una documentazione comprovante l’esistenza di un percorso di accoglienza «stabile, strutturato, duraturo» e «dotato dell’opportuna copertura finanziaria». Rispondendo al secondo ricorso la giudice ha rispedito entrambe le richieste al mittente. Senza mezzi termini.

«Il provvedimento emesso da questo ufficio non ha ad oggetto l’ordine di inserimento dei due ricorrenti nel corridoio umanitario per afghani dal Pakistan, bensì il rilascio in via autonoma di altrettanti Vtl (visti a validità territoriale limitata, ndr), sulla base di motivate ragioni di urgenze e indifferibilità della cautela», afferma l’ordinanza. Che definisce la questione del percorso di accoglienza «arbitrariamente inserita tra i requisiti pretesi per l’attuazione del provvedimento». Di «intento elusivo» da parte della pubblica amministrazione parla invece in merito alla richiesta della copia dei passaporti, inserita dai ricorrenti nel precedente procedimento e dunque già a disposizione dell’autorità.

«È importante che il tribunale abbia ribadito come questo tipo di visti umanitari non sia soggetto ad alcuna condizione, né occorra dimostrare la previa esistenza di un percorso di integrazione e accoglienza – esulta l’avvocata Zorzella – Entrambe le decisioni attuano in concreto quegli obblighi costituzionali e internazionali ai quali l’Italia è tenuta ma che spesso dimentica».

La prima pronuncia era arrivata il 21 dicembre 2021. Pratesi aveva disposto il rilascio dei due Vtl, regolati dal codice visti Schengen per casi eccezionali, stabilendo un principio innovativo: mentre le autorità statali hanno «mera facoltà» di rilasciare i visti umanitari quando ricorrano le circostanze, per il giudice dei diritti fondamentali è un’«attività doverosa». Questo perché l’ordinamento attribuisce al magistrato il compito di proteggere, anche attraverso misure d’urgenza, le persone che rischiano la vita o danni irreparabili.

I due cittadini afghani, fratello e sorella, presentano una «posizione di rischio specifico, imminente e attuale» in virtù della loro attività professionale e delle collaborazioni tenute prima dell’arrivo dei Talebani. E il pericolo per loro continua anche in Pakistan, dove sono fuggiti senza però ottenere i documenti dalle autorità locali e dunque rimanendo a rischio rimpatrio.

Probabilmente i tentativi di eludere il provvedimento giudiziario da parte del ministero derivano dal timore che le richieste di visti umanitari possano moltiplicarsi, dall’Afghanistan ma anche da altri contesti di crisi. Per Asgi, invece, il nodo è opposto: mettere a disposizione questi documenti salvavita per le persone che ne hanno bisogno. Per questo l’associazione ha richiamato l’attenzione degli altri afghani che necessitano protezione o hanno legami con familiari presenti in Italia e non riescono a trovare percorsi regolari di uscita dal paese.