Durante un incontro ad Hazard nel Kentucky, Scott Pruitt, a capo dell’agenzia federale dell’ambiente (Epa), ha annunciato che le politiche dell’ex presidente Obama per tagliare le emissioni degli impianti a carbone, il Clean Power Plan, verranno cancellate.

«La guerra contro il carbone è finita», ha annunciato Pruitt ripetendo lo slogan elettorale di Trump, che di questa cancellazione aveva fatto un cavallo di battaglia della sua campagna per la presidenza.

Annunciando l’abrogazione, Pruitt, da sempre grande sostenitore dell’energia fossile e avverso alle fonti alternative, ha ribadito molti degli stessi argomenti da lui utilizzati per anni al Congresso e nelle varie cause legali.

La motivazione, oltre a ribadire che il cambiamento climatico non è che una bufala messa in giro dai cinesi per nuocere all’economia americana, sostiene che il provvedimento contro le emissioni provocate dal carbone è frutto di un eccesso di potere da parte di Obama che ha portato alla perdita di migliaia di posti di lavoro nel settore del carbone.

Il provvedimento di Trump, invece, rientra in un piano più ampio, volto al rilancio dell’industria dei combustibili fossili americani, anche se questo rende difficile per gli Usa rispettare gli impegni dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.

Stando al New York Times, nel testo preparato dall’Epa si calcola che il mancato rispetto delle limitazioni sulle emissioni consentirebbe agli Usa di risparmiare 33 miliardi di dollari. Immediata la risposta di governatori e sindaci di Stati democratici, che hanno ancora una volta ribadito il loro impegno a rispettare il Clean Power Plan, qualsiasi cosa venga decisa da Trump a Washington.

Questi Stati, insieme a gruppi ambientalisti intendono contestare la proposta di abrogazione anche nei tribunali federali, andando contro la mossa di Pruitt sulla base di motivi sia scientifici che economici.

Quando il piano di Obama era stato presentato nel 2015, prevedeva un taglio delle emissioni del 32% entro il 2030. Molti Stati sono già passati alle energie alternative al carbone e gli esperti dicono che la demolizione della norma rallenterebbe la transizione causando perdite economiche.

Ma per Donald Trump sta diventando vitale riuscire a rispettare qualcuna delle sue promesse elettorali, visto che con la sanità è andata malissimo. Deve dare almeno l’impressione di star facendo qualcosa.

Un altro tema chiave è quello della costruzione di un muro al confine col Messico e per riuscire in questo scopo Trump non sta esitando ad usare le vite di 800mila Dreamers, giovani arrivati illegalmente da bambini negli Usa a seguito dei genitori e regolarizzati da Obama.

Politico ha reso note le richieste presentate al Congresso da Trump domenica sera: in cambio della protezione dei diritti degli 800mila giovani immigrati senza documenti, Trump vuole un via libera alla costruzione del muro con il Messico, l’assunzione di 10mila agenti di immigrazione, leggi più severe per i richiedenti asilo e tagli alle sovvenzioni federali per le città santuario che proteggono i diritti degli immigrati.

Di fatto Trump si sta letteralmente facendo scudo con le vite di 800mila ostaggi, in cambio di leggi sempre più restrittive per le comunità da cui arrivano questi ragazzi.

La Casa bianca ha anche chiesto l’uso del programma E-Verify da parte delle aziende per impedire agli immigrati clandestini di ottenere posti di lavoro, la fine delle possibilità per chi è legale di portare la propria famiglia estesa negli Stati uniti e una chiusura dei confini mirata alle migliaia di bambini che fuggono dalla violenza dell’America Centrale.  Questa mossa è esplicitamente rivolta verso la via di fuga utilizzata da molti genitori di Guatemala, El Salvador e Honduras, che mandano illegalmente i propri figli negli Stati uniti, dove si fondono in comunità americane e dove hanno la possibilità di studiare e vivere in attesa di essere regolarizzati.

Non è chiaro se queste richieste siano dei requisiti assoluti o l’inizio di una negoziazione. Sta di fatto che la proposta di Trump appare draconiana, razzista e è stata definita «inumana» dalle associazioni per i diritti degli immigrati che, ancora una volta, si stanno preparando per un’altra battaglia legale